19 Luglio, 2024
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Italia veloce? Guardiamo al futuro, lavoriamo per un’Italia normale

Riportiamo una riflessione di Angelo Bonelli (Federazione dei Verdi, già coportavoce nazionale)

La proposta “Italia Veloce” della ministra De Micheli prevede, con alcune delle opere previste tra autostrade e aeroporti, un aumento vertiginoso di consumo di suolo equivalente ad una superficie maggiore di quella del comune di Milano: oltre 200 kmq.

Dopo che il governo Conte aveva bocciato l’ampliamento dell’aeroporto di Fiumicino con una Via e Vas negativa da parte del ministero dell’Ambiente, lo stesso governo con il ministero dei Trasporti rilancia questo intervento della società Atlantia, azionista di aeroporti di Roma al 99,384 %, che distruggerà 1300 ettari di riserva naturale statale del litorale romano dei quali ben 700 si trovano in zona di tutela integrale, anche questi di proprietà del gruppo Atlantia. Nel piano della ministra si rilancia la terza pista all’aeroporto di Milano Malpensa con 100 ettari di cui 30 all’interno del parco della Valle del Ticino.

La proposta di Italia Veloce è un elenco di nuove autostrade che va dalla nuova pedemontana lombarda, alla nuova autostrada cispadana, alla pedemontana a pedaggio veneta, alla Valdastico A31 che violerà le incontaminate valli trentine, alla Roma-Latina o alla bretella Campogalliano-Sassuolo per citarne solo alcune.

L’Italia è il paese dalle grandi e insopportabili contraddizioni per cui si ritiene che per rilanciare la nostra economia, entrata in crisi a causa della pandemia da Covid-19, si debba proseguire in questa follia di asfaltare e cementificare le nostre aree agricole mentre abbiamo un sistema di trasporti pubblici locali che si trovano in una condizione di disastro, con i cittadini che ogni giorno si recano al lavoro accalcati come sardine nei mezzi pubblici.

L’Italia è il paese del G7 che tollera ancora 237 agglomerati urbani che non hanno fogne collegate alla depurazione per cui le “acque nere “ vanno a inquinare fiumi e mari, mentre il nostro sistema idrico perde acqua potabile nella misura del 41% ovvero 3,4 miliardi di metri cubi all’anno.

La Banca centrale europea il 27 marzo scorso, a causa della pandemia da Covid-19, aveva invitato le banche europee, per garantire stabilità al sistema bancario e finanziario, a non distribuire i dividendi tra gli azionisti almeno fino a ottobre.

Di fronte a un’emergenza ambientale come quella della dispersione idrica, Acea, la società quotata in borsa del comune di Roma che gestisce l’acqua, decide di distribuire l’utile di 283 milioni di euro agli azionisti mentre la capitale d’Italia perde dalle sue tubature il 44% dell’acqua potabile.

Il tasso di rinnovo nazionale delle reti idriche è dello 0,38% con questo passo per sostituire l’intera rete italiana servirebbero oltre 250 anni e questo è insostenibile. Nei prossimi anni non saremo in grado di garantire un approvvigionamento sicuro di acqua potabile, in particolare a causa dei cambiamenti climatici sempre più estremi, come siccità e alluvioni, che colpiscono anche l’Italia e a conferma di questa emergenza ad esempio sempre Acea insieme alla regione Lazio e al comune di Roma prende una decisione alquanto discutibile di creare un potabilizzatore per produrre acqua potabile con le acque del Tevere in modo da garantire la distribuzione di acqua nell’area di Roma Nord.

Abbiamo un’emergenza sanitaria drammaticamente non affrontata come quella rappresentata dallo smog che secondo l’agenzia europea per l’ambiente provoca 75.000 decessi all’anno con oltre 47 miliardi di euro di costi economici e sociali sempre ogni anno. Sia nel decreto rilancio, solo 500 milioni di euro di finanziamenti sono previsti nel Tpl, che nella proposta “Italia Veloce “ il trasporto pubblico non è una priorità in termini di investimenti in rapporto a quelli stanziati sul versante autostrade.

Dei 196,5 miliardi di euro di investimenti previsti da “Italia Veloce”, che altro non è che la somma di finanziamenti precedentemente già decisi, 175,4 miliardi di euro sono destinati alla costruzione di autostrade, all’alta velocità, all’ampliamento di aeroporti, mentre 3,7 miliardi di euro, divisi in ben 15 annualità da 246 milioni di euro l’una fino all’anno 2033, sono destinati alla mobilità sostenibile per acquistare mezzi pubblici elettrici, ibridi e per il rinnovo degli automezzi vetusti.

Questi dati dimostrano un’evidente squilibrio a favore dell’asfalto. Secondo i dati Inrix, società che fornisce a livello globale i flussi di traffico, Roma è la seconda città al mondo più congestionata dal traffico dopo Bogotà con 254 ore perse ogni anno per cittadino, Milano è settima con 226 ore, con Firenze e Napoli che si trovano tra le prime 20 venti città con più traffico urbano.

Questa pesante situazione del traffico nelle nostre città dovrebbe portare il governo ad attuare una strategia di cambio radicale nelle politiche del trasporto pubblico perché città congestionate hanno conseguenze negative sull’economia oltre che sull’ambiente e sulla salute.

Il governo invece punta sull’asfalto mentre molti paesi europei si sono organizzati per guidare la transizione industriale verso la conversione ecologica, e dare un contributo importante nella lotta all’inquinamento come ad esempio nel settore auto favorendo la produzione di auto pulite. In Norvegia è stato deciso lo stop all’immatricolazione dei motori a benzina e diesel a partire dal 2025, in Olanda e Irlanda il divieto scatterà a partire dal 2030, In Spagna e Francia dal 2040. Sono nazioni dove vi sono forti investimenti nel trasporto pubblico e le industrie automobilistiche hanno modificato gli asset industriali a favore dell’auto elettrica: in Norvegia il 50% di auto immatricolate sono elettriche.

Immagino che l’immediata obiezione da parte di alcuni rispetto a quanto ho scritto è quella di dire: sono i soliti Verdi che non vogliono fare mai nulla. In realtà deve essere spiegato perché il nostro sistema di trasporto pubblico per anni sia stato abbandonato al degrado in assenza di investimenti e di una “governance” adeguata e libera dalle clientele, perché non abbiamo depuratori per parti significative del nostro territorio, perché l’acqua potabile la buttiamo quando tra non molto dovremo affrontare impreparati una delle più gravi emergenze idriche con il rischio di non poter garantire acqua da bere a tutti.

Penso che portare l’Alta velocità al Sud, come per esempio a Taranto o a Matera, sia una cosa utile ma non si possono dimenticare investimenti in settori strategici come quello del trasporto nelle città, nella depurazione, nella manutenzione delle reti stradali, delle reti idriche e delle infrastrutture necessarie per avviare la conversione ecologica di modelli produttivi obsoleti per citare solo alcuni interventi.

Portare l’Italia a essere un paese normale come accade nel resto d’Europa dove, per fare un esempio, i trasporti pubblici sono efficienti, efficaci e confortevoli, deve essere un obiettivo prioritario che rimetterebbe in moto la nostra economia. Usare la crisi economica e sociale provocata dalla pandemia da Covid-19 per tornare a proporre le stesse politiche pre-crisi non è saggio e indica che i decisori politici non hanno compreso che dobbiamo affrontare le cause della rottura dell’equilibrio ambientale avviando la modernizzazione dell’Italia verso il green deal.

Più che “Italia Veloce” sarebbe saggio, realistico ed economicamente conveniente lavorare per costruire “Italia Normale” guardando al futuro come accade nel resto d’Europa.

 

(HuffingtonPost)

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