L’assessora alle Infrastrutture della Regione Calabria Domenica Catalfamo è indagata non solo per corruzione ma anche per concorso esterno con la‘ndrangheta. Con l’inchiesta “Helios”, la Dda di Reggio sta scardinando i rapporti tra la politica e la società Avr che si occupa della raccolta dei rifiuti, per conto del Comune, e della manutenzione delle strade in tutta la provincia.
L’ISCRIZIONE NEL REGISTRO DEGLI INDAGATI
Per la città metropolitana, la dirigente Catalfamo era la responsabile per i lavori della strada Gallico-Gambarie. Probabilmente a causa di quell’appalto, di 43 milioni di euro, i pm l’hanno iscritta nel registro degli indagati per concorso esterno. I carabinieri stanno approfondendo il tentativo della ‘ndrangheta di infiltrare l’Avr che, – scrivono – “ha concesso assunzioni di soggetti sponsorizzatidalla politica e affidato lavori a ditte gradite alla criminalità organizzata”. Il quadro è inquietante. Nominata assessore da Jole Santelli (Forza Italia), oggi Domenica Catalfamo è in giunta regionale assieme al capitano “Ultimo” Sergio De Caprio.
Per gli inquirenti, però, potrebbe avere favorito le famiglie mafiose reggine. Il sospetto vale anche per l’amministratore unico della società Claudio Nardecchia, un imprenditore romano noto in Calabria ma anche in Toscana. Non è un caso che i carabinieri considerano di “interesse operativo” un messaggio da lui ricevuto nel maggio 2015 quando è stato “invitato ad un incontro con Luca Lotti, sottosegretario alla presidenza del consiglio, assieme ad Antonio Mazzeo, capolista Pd alle regionali nel collegio di Pisa”. L’incontro alla fine non c’è stato, ma i tanti omissis nelle informative lasciano intendere che l’inchiesta “Helios” potrebbe allargarsi sul fronte calabrese e, in particolare, per quanto riguarda i rapporti con le cosche.
I REGALI DELL’AVR ALLA CATALFAMO
Sono già chiari, invece, i “benefit” che l’assessore Catalfamo avrebbe ricevuto dall’Avr. “Un foulard di Dior per Mimmuzza tua”. Era il regalo di Natale che una dipendente dell’azienda ha ritirato su richiesta di Nardecchia. Tutta l’Avr era ai piedi del futuro assessore regionale. Nel giugno 2015, infatti, la Catalfamo ha chiesto alcuni autisti per accompagnare gli invitati alla festa di compleanno della figlia: “Alle otto, otto e un quarto massimo al museo per fare un viaggio con un po’ di compagni di Giuliana (la figlia, ndr)”. Parcheggiati i mezzi della nettezza urbana, i dipendenti dell’Avr diventano chauffeurs pronti a fare la spola fino al locale della festa dove portano pure il palloncino, con il numero 18, da posizionare sulla torta. La Catalfamo poteva tutto: “La possibilità di portare un tapis roulant da casa di mia madre a casa nostra, ce l’abbiamo?”. “Non è un problema”. Basta una telefonata: “Prendiamo due, li fai rientrare prima… si prende sto cazzo di coso e alle due e dieci glielo portiamo a casa”. Naturalmente con un furgone dell’Avr.
“COME CAZZO SI CHIAMA QUESTO QUA?”. L’ASSESSORE QUA SOPRA… EH CANNIZZARO”
Nelle carte dell’inchiesta “Helios” spunta il nome di un deputato di Forza Italia. Si tratta di Francesco Cannizzaro, ex assessore comunale a Santo Stefano D’Aspromonte e cugino della potente dirigente della città metropolitana Domenica Catalfamo. Cannizzaro non compare tra gli indagati ma di lui si parla all’interno degli uffici dell’Avr quando due dirigenti discutono dell’impresa Curinga che si era rifiutata di lavorare nella zona di Rosarno a causa delle pressioni subite da “uomo del luogo che pretendeva venissero utilizzati i propri uomini e i propri mezzi”. Il responsabile del settore tirrenico per la manutenzione delle strade VittorioAmedeo si confronta con il suo superiore Enzo Romeo che gli spiega cosa deve riferire ai titolari della ditta Curinga: “Tu gli dici … ha detto il dottore Romeo che viene e ti strappa il contratto in faccia… tu a noi non ci servi … ti stiamo facendo una co… una cortesia a quel porco del politico … che hai dietro … che ti sta remando”.
Il dirigente Romeo, anche lui indagato per concorso esterno con la ‘ndrangheta, ha intenzione di parlarne direttamente con lo sponsor politico dell’impresa Curinga: “Dimmi chiaramente che cosa ti ha detto questo… – dice rivolgendosi al collega – che ora.. mi vedo con Cannizzaro e gli faccio…”. “Il 27 maggio 2014 – scrivono i carabinieri – si ha contezza che Enzo Romeo sia riuscito ad incontrare l’assessore Francesco Cannizzaro”. Ne parla con i suoi colleghi inconsapevole delle microspieche la Dda ha piazzato negli uffici dell’Avr: “Gli ho detto scusa ma…qua c’è il dottore Nardecchia a cui è piaciuta quest’impresa… l’abbiamo messa… questo cretino comincia a dare puntate (calci, ndr) a destra e a sinistra”. “Cannizzaro ne prende atto – è scritto nell’informativa – ma lamenta le ‘poche attenzioni’ dell’azienda” (l’Avr, ndr) verso la ditta amica: “Però anche voi, – sarebbe stata la frase del deputato riportata dal dirigente della società – se vi ha chiesto quattro strade almeno due gliele potevate dare”. Gli inquirenti non hanno dubbi sull’esistenza “di un sistema di connivenze da parte di Avr con la politica”. E che l’andazzo era questo, per i carabinieri, lo dimostra la frase intercettata dal geometra Francesco AntonioPurrone: “Cannizzaro… ce lo inculiamo compare… o porta gente giusta…!!!”.
L’AVR VINCE L’APPALTO E IL COMUNE DECIDE LE ASSUNZIONI
A settembre si vota per il Comune di Reggio Calabria e forse è l’aspetto più imbarazzante dell’inchiesta coordinata dal procuratore Giovanni Bombardieri e dai pm Stefano Musolino, Walter Ignazitto e Alessandro Moffa. Non fosse altro perché alcuni dei politici indagati hanno meno di 40 anni e, pur essendo alla prima esperienza amministrativa, sembrano piuttosto dei “giovani vecchi”, cresciuti col manuale Cencelli in mano e con la consapevolezza che ogni assunzione sono parecchi voti alle prossime elezioni. “La relazione tra politica ed azienda si mantiene stabile grazie anche ad un patto di reciproca tutela”. È quanto scrivono i carabinieri sintetizzando quello che il pentito Vincenzo Cristiano ha spiegato in un verbale di due anni fa: “L’Avr prende l’appalto e la politica gli dà i nomi”.
Le parole del collaboratore di giustizia sono confermate dalle intercettazionitelefoniche a ambientali finite nel fascicolo dell’inchiesta “Helios” con buona pace della difesa d’ufficio promossa sui social dal sindaco Giuseppe Falcomatà (Pd) il giorno in cui la Dda ha notificato gli avvisi di garanzia a mezza giunta comunale e a diversi consiglieri di maggioranza. “L’azione della mia amministrazione si è mossa sempre e solo per la tutela della legalità e del lavoro” ha scritto Falcomatà sulla sua pagina Facebook dove ha pubblicato anche la foto di una sveglia come per lasciare intendere che si è trattato di un’inchiesta a orologeria. Gli investigatori, però, non sono d’accordo e sostengono che, nel rapporto con Comune-Avr alcuni consiglieri e assessori comunali avrebbero avuto un “ruolo provocatorio e destabilizzante”.
Per dirla alla Nino Castorina, consigliere comunale e componente della direzionale nazionale del Pd indagato per corruzione: “Il quaglio riguarda le attività e il coinvolgimento delle persone della politica”.
Che tradotto significa: la ditta prende l’appalto e la politica decide chi deve lavorare. “In tutte le zone hanno fatto segnalazioni… sono vergognosi”. La dipendente dell’Avr Veronica Gatto (anche lei indagata) si sfoga con il marito. L’argomento sono sempre le assunzioni e le proroghe dei contratti imposte dalla politica. Come quella pretesa, e ottenuta, dal vicesindaco Armando Neri che è riuscito a fare assumere un operaio il cui rendimento non aveva soddisfatto l’Avr. “Gli daremo una seconda prova tra due tre mesi”. L’imprenditore Nardecchia cerca di convincere il vicesindaco a rinviare l’assunzione: “Se tu me lo dici, io lo faccio… aspettiamo due tre mesi e lo facciamo subito. Però… Armando noi dobbiamo premiare il merito”. Il politico è in difficoltà (“Come preferite”) ma non perde mai di vista il suo obiettivo. La situazione si sblocca con l’Avr che cede alle richieste di Neri e richiama in servizio il dipendente licenziato. Risultato: il vicesindaco è riuscito a far crescere “il proprio ‘peso politico’ e aumentare il proprio ‘appeal’ elettorale”.
Più o meno quello che ha fatto l’ex consigliere regionale Giovanni Nucera, candidato del Pd non eletto alle ultime regionali. Nel settembre 2015, per far riassumere un dipendente licenziato Nucera ha telefonato direttamente all’amministratore dell’Avr. La scusa è stata quella di informarsi su “quanti impiegati mette lei sul territorio provinciale… – sono le sue parole – e quanti ne ha assunti nuovi, perché ha aperto all’Inps procedure di assunzione, e quanti ne ha cacciati, perché so che ha cacciato qualcuno”. Alla risposta stizzita dell’imprenditore Nardecchia (“non ho capito il termine cacciati”), l’ex consigliere regionale “minaccia ripercussioni legali a carico dell’azienda”. “Volevo parlare con lei – dice – prima di fare un esposto, di fare una lettera punto…”. Anche il dipendente “sponsorizzato” da Nucera è stato riassunto.
L’EX RENZIANO NINO CASTORINA MINACCIA L’AVR: “SE NON PARLANO CON ME, LA MANUTENZIONE SI PUO’ NON FARE”
Chi, invece, non è riuscito a imporsi è il consigliere comunale e metropolitano Nino Castorina, 35 anni buona parte dei quali trascorsi inseguendo il mito “renziano”. A marzo 2018, nei corridoi di Palazzo Foti veniva definito una “persecuzione quotidiana”. Ogni giorno, infatti, era dietro la porta della dirigente Catalfamo a piangere una considerazione politica che non riusciva a farsi riconoscere. Il refrain era sempre lo stesso: “Io sono stato eletto non da un cristiano (inteso come quantità di voti, ndr). Il secondo più votato di tutte le liste destra e sinistra”. E quindi? Voleva “un’interlocuzione privilegiata – scrivono i carabinieri – in tema di assunzioni di personale, sponsorizzazioni ed altro, quale prezzo per l’inserimento in bilancio dei fondi necessari per il pagamento di alcuni servizi previsti dall’appalto”.
L’obiettivo, infatti, era imporre gli operai alla ditta Ase, una società controllata dall’Avr, che per l’ex Provincia si occupa della manutenzione delle strade. “Il personale se lo scelgono loro senza nessun tipo di confronto… Si interfacciano per esempio con consiglieri regionali che non gli danno nulla, zero. E noi come Ente… Io che sono il fissa (fesso, ndr)?”. Era inutile per la Catalfamo spiegare a Castorina che “noi (la città metropolitana, ndr) non possiamo entrare nel loro personale. Io come faccio ad entrare in questo fatto?”. “Noi al Comune (con l’Avr, ndr) facciamo così”. “Ma al Comune avete un appalto di tutto rispetto, qua con 40mila euro…ma che gli devo chiedere?”.
Dai ragionamenti alle minacce il passo è breve: “Se non fanno le cose perbene, mi controllo tutti gli atti”. La replica della Catalfamo non si fa attendere: “Per me voi gli potete dire ‘bello mio prendi bagagli e bagattelle alzati e vattene’”. “Infatti glielo diremo… Perché se non si confrontano glielo diremo”. Lo stalking di Castorina sulla Catalfamo monopolizza anche le altre conversazioni della dirigente: “Mi ha detto Castorina – racconta la Catalfamo all’ex presidente della Provincia Peppe Raffa – che pensi perché l’anno scorso non ho fatto mettere i soldi? Io non li ho fatti mettere per la manutenzione. Per me si può non fare la manutenzione finché loro non vengono e parlano con me”.
Il futuro assessore regionale non lo sopporta proprio a Castorina e si sfoga con la madre: “È idiota mamma, non è scostumato – le dice – Perché se lui era scostumato, si incavolava. Invece è proprio idiota… è ritardato… Ha lo sguardo, proprio da inebetito”. La Catalfamo cerca di arginare l’arroganza del consigliere comunale del Pd e chiede un appuntamento con il sindaco Falcomatà tramite il suo vice Riccardo Mauro. “Va bene Mimma, – le risponde quest’ultimo – vado e gli spiego a Giuseppe e poi ci vediamo”. La richiesta di un incontro con Falcomatà è rimasta inascoltata. Ma la dirigente Catalfamo sarebbe riuscita comunque a informare il sindaco sulle “indebite richieste” di Castorina: “Io avevo mandato quella lettera, ovviamente l’ho mandata riservata, personale solo al sindaco. Ho scritto quello che potevo scrivere. C’è ben altro”.
(Il Fatto Quotidiano)