Roma avrà il suo parco cittadino sul Tevere.
Come Parigi, Washington D. C., New York e perfino Londra, anche la Città Eterna si candida a riqualificare le sponde del suo fiume. E lo avrà in un luogo simbolo, quel fazzoletto di terra che conduce da ponte Sisto a ponte Mazzini dove negli ultimi anni si sono consumati delitti e violenze alimentati da incuria e abbandono.
Al progetto, che è rimasto fino ad oggi segreto, stanno lavorando da mesi la onlus Agenda Tevere (principale ispiratore dell’iniziativa, che prima di arrivare a Roma ha sperimentato un piano di riqualificazione del comune di Praiano premiato dalla Fondazione Obama) insieme ad altre associazioni, aziende private, comune di Roma e Regione Lazio.
L’obiettivo è aprire “Piazza Tevere” (questo il nome del parco) entro il prossimo 5 settembre, al massimo il 12, permettendo ai cittadini romani di godersi l’ultimo spiraglio d’estate.
Ai piedi delle scalinate di ponte Sisto, i visitatori troveranno un prato vero e proprio, realizzato con un fondo di terra, sdraio, sedie, tavolini, piattaforme per piccoli eventi musicali, allestimenti artistici, e un sistema di illuminazione scenografica.
Il tutto realizzato grazie al sostegno finanziario di aziende private come Italgas, Terna e Acea, ma anche alla partecipazione al progetto di realtà come Tevereterno, l’associazione che ha promosso “Triumphs and Laments” (il fregio di 550 metri realizzato dall’artista William Kentridge), e che proprio per l’evento del nuovo parco sul Tevere si occuperà di rilanciare l’opera dell’artista sudafricano.
“L’obiettivo è molto ambizioso – spiega Claudio Gatti, giornalista e presidente di Agenda Tevere, l’associazione che ha fondato nel marzo del 2017 – ma la vera novità è la progettualità condivisa alla quale concorrono associazioni, istituzioni, aziende private, tutti impegnati a sostenere progetti di riqualificazione per la nostra città”.
Prima che i riflettori si accendano su Piazza Tevere è necessario però superare gli ultimi ostacoli burocratici: la Regione Lazio deve concedere la concessione del suolo al Comune di Roma, il quale dovrà pubblicare una proposta di sponsorizzazione, che – come avvenuto per i lavori del Colosseo – è necessaria per ottenere il sostegno finanziario di Agenda Tevere.
Storie di tutti i giorni per un tratto di fiume (quello urbano lungo 2,7 chilometri) dove le competenze sono ripartite tra undici diversi enti territoriali, dal ministero dell’Ambiente alla Regione Lazio, dal Comune di Roma all’Autorità di Bacino.
Una corsa contro il tempo, a misurarla con le lancette della burocrazia capitolina, che i sostenitori dell’iniziativa sono convinti di vincere.
Riuscirci significherebbe consegnare alla città un’occasione di svago e rinascita, soprattutto in questa stagione anomala di lockdown e vacanze cancellate. La stessa idea che ha ispirato la sindaca Virginia Raggi, con l’annuncio di un’apertura di una seconda Tiberis (che dovrebbe sorgere nella zona della Magliana) e di altre aree ricreative dislocate però non sulle rive del fiume, ma all’interno dei parchi cittadini.
In realtà, la spiaggia sulla Magliana potrebbe non vedere mai la luce perché quell’area è di proprietà della Regione, mentre le aree interne, distribuite tra il IV e il VI municipio, quindi tra San Basilio e il Casilino, devono essere interamente riqualificate. Il futuro è incerto per tutti, ma a Roma diventa imprevedibile. Non resta allora che cullare un’ambizione, quella di evitare che il viaggio urbano del Tevere non rimanga il deprecabile e maleodorante ultimo miglio dei 409 chilometri che dal monte Fumaiolo portano al mare.
(La Repubblica)