Qualcosa si è rotto in questi 12 mesi e circa il 10% degli elettori ha voltato le spalle al Capitano, che oggi si deve guardare da avversari interni ed esterni
Sono passati giusto 12 anni dal dito medio alzato contro l’inno d’Italia da Umberto Bossi e un anno dalle cubiste al Papeete che ballavano sulle note di Fratelli d’Italia davanti a Matteo Salvini. Due momenti che ben sintetizzano il passaggio dalle Lega fondata dal Senatur che aveva nell’autonomia del Nord la sua ragione sociale a quella nazionale del Capitano.
Le due Leghe
Lo certifica il cambio di nome e del simbolo: il Nord è scomparso. O meglio, formalmente la Lega Nord esiste ancora, ma è solo una scatola vuota che non ha alcun ruolo politico ma un’unica incombenza: restituire allo Stato i 49 milioni del finanziamento pubblico. La politica spetta infatti alla Lega nazionale di cui Salvini è segretario e che anche nel lessico è lontanissima dalla sua progenitrice padana.
I tempi in cui girava con le magliette “Prima il Nord” sono stati sostituiti dallo slogan “Prima gli italiani”. E al posto dell’ampolla con l’acqua delle sorgenti del Po, il nuovo leader di quel che fu il Carroccio tiene in mano il rosario. A essere bersagliata ora non è più Roma ladrona ma l’Europa e all’euro che assieme agli immigrati rappresentano i principali nemici dei sostenitori del partito salviniano.
L’ascesa si è arrestata
Una vera e propria rivoluzione che ha portata a una ascesa vertiginosa della Lega di Salvini, che fino a un anno fa pareva inarrestabile. Poi però si è rotto qualcosa e in questi 12 mesi circa il 10% degli elettori ha voltato le spalle al Capitano, che oggi si deve guardare da avversari interni ed esterni.
Zaia fa paura
Il principale è Luca Zaia. Il Governatore del Veneto già serio concorrente prima del Covid ha ulteriormente rafforzato la sua immagine per come ha affrontato l’epidemia. Zaia è l’unico (o tra i pochi) a permettersi di contraddire il leader maximo. E forse non è un caso la recente inversione di rotta da parte di Salvini sulle mascherine prima demonizzate e ora nuovamente suggerite.
La Lega di governo del presidente del Veneto
Zaia così come alcuni sindaci lombardi, non hanno certo gradito le ultime uscite del segretario. Né il governatore del Veneto, che rappresenta assieme a Giancarlo Giorgetti la Lega di governo, ha mai seguito il segretario sulle posizioni anti-Ue e anti-euro anche perchè nella sua Regione (così come in Lombardia) si concentrano gran parte delle imprese che esportano in Germania e Francia.
Il verdetto delle regionali di settembre
Ostilità che ovviamente viene negata. Ma certo è un fatto che il Governatore aveva spinto per accelerare il voto a luglio delle regionali e il suo segretario non ha detto una parola per sostenerlo. Il 21 settembre, quando saranno teminati gli scrutini, avremo la risposta. Alle scorse regionali la lista Zaia conquistò il 23% e la Lega circa il 18. Oggi i sondaggi danno la lista del Governatore sopra il 40% e il partito di Salvini poco sopra il 10. Un risultato che non potrebbe non riflettersi sugli equilibri interni.
Salvini rischia di rimanere a mani vuote…
Soprattutto se l’attuale andamento in discesa della Lega, rispetto alle europee, dovesse essere confermato nelle altre Regioni attese al voto. Anche perché Salvini rischia ancora una volta di non poter festeggiare neppure un suo Governatore visto che (a parte Zaia di cui abbiamo già detto) l’unica candidata della Lega, Susanna Ceccardi, è in Toscana.
…e assistere alla vittoria di Giorgia Meloni
Era già avvenuto a gennaio, con Salvini sconfitto in Emilia Romagna e Silvio Berlusconi a festeggiare la vittoria della forzista Jole Santelli in Calabria. A settembre però il rischio è ancora più alto perché a vincere potrebbe essere Giorgia Meloni che ha buone chances con Raffele Fitto in Puglia e Francesco Acquaroli nelle Marche, due regioni governate oggi dal centrosinistra.
Il «no» del Capitano alle primarie
Salvini fa spallucce e dice di non temere la rivalità con Meloni, ma intanto sbarra la strada a eventuali primarie per il candidato premier del centrodestra, ricordando che al momento la Lega resta il primo partito della coalizione. Fratelli d’Italia però è l’unico partito che da un anno a questa parte continua ad avanzare. Alcuni sondaggi lo danno a un passo dal sorpasso del M5s. Meloni minimizza, evita di irritare l’alleato ma intanto rafforza la sua rete con le imprese e le categorie.
Quirinale e legge elettorale spartiacque anche nel centrodestra
La leader di FdI resta una convinta sostenitrice del sistema maggioritario ma questo finché si riterrà tutelata dalla coalizione di centrodestra. Le uscite di Salvini su una possibile maggioranza Lega-M5s per la corsa al Quirinale lasciano intendere che il segretario della Lega si continua a muovere in più direzioni. Altrettanto fa Berlusconi: se Meloni non vorrà rimanere fuori dai giochi dovrà fare una mossa e non è detto che sarà d’intesa con Salvini.
In autunno si decide anche il futuro della Lega
Il Capitano ha bisogno di riprendere ossigeno. Gli sbarchi di queste settimane (così come l’offensiva giudiziaria) gliene hanno fornito un po’ ma tutta l’attenzione è rivolta all’autunno. Oltre ai risultati delle regionali ci sarà il piano del Governo per il Recovery fund e, secondo tutte le previsioni, una ulteriore significatica perdita di posti di lavoro, senza contare il rischio di una seconda ondata Covid: saranno questi i fattori che determineranno il quadro politico e nella Lega, che resta un partito leninista, non è detto che stavolta Salvini deciderà da solo il «Che fare?».
(Il Sole24Ore)