Dopo l’intesa tra Il Cairo e Atene sui confini marittimi, Erdogan ha deciso di tornare a mostrare gli artigli nella sfida sulla ricerca delle risorse naturali nella porzione di mare contesa
“La Turchia ha ripreso immediatamente le trivellazioni nel Mediterraneo orientale”: ad appena un giorno dall’annuncio dell’accordo tra l’Egitto e la Grecia sui confini marittimi, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha deciso di tornare a mostrare gli artigli nella sfida con Atene sulla ricerca delle risorse naturali nel Mediterraneo orientale.
“La cancelliera tedesca Angela Merkel mi aveva chiesto di fermare le trivellazioni. Avevamo deciso di sospenderle perché loro avevano fiducia nella Grecia e in altri attori regionali, ma non ci siamo mai fidati davvero e avevamo ragione. Abbiamo ripreso immediatamente le trivellazioni”, ha attaccato Erdogan al termine della preghiera del venerdi a Santa Sofia, cui ha preso parte.
L’intesa tra Grecia ed Egitto nella sostanza è stata una risposta al precedente accordo sulla giurisdizione dei confini marittimi siglato a novembre tra Turchia e Libia. “Il nostro accordo con Tripoli è valido e lo faremo valere con decisione, soprattutto nei confronti di chi non ha diritti”, ha detto ancora il presidente turco, aggiungendo: “Mi chiedo cosa cerchino in quell’area la Grecia e l’Egitto. Dopo il nostro accordo con la Libia tutti si sono buttati dentro quella zona. l’accordo siglato tra loro non ha valore reale”.
È lo stesso Erdogan a far sapere che nella zona contesa sarebbe stata già inviata la nave “Barbaros Hayrettin”.
A detta del presidente turco, il governo greco “non ha mantenuto le sue promesse”. Alla fine di luglio, Ankara aveva accettato di rinunciare “per un certo tempo” alle controverse trivellazioni vicino all’isola greca di Kastellorizo (nota in Italia perche’ qui e’ stato girato il film “Mediterraneo” di Gabriele Salvatores), vicinissima alla costa della città turca di Kas.
Praticamente, la Turchia in quel momento era sul punto di inviare una nave da ricognizione per verificare la presenza di giacimenti di gas. In reazione, Atene aveva mobilitato la propria Marina militare nell’Egeo, dichiarando lo stato d’allerta per le proprie truppe. Da quando sono state scoperte le riserve naturali nel Mediterraneo orientale, per cui anche di fronte alla costa di Cipro, le tensioni sul loro sfruttamento stanno decisamente infiammando tutta l’area.
A dichiarare i propri diritti sui territori marittimi sono Cipro, la Turchia e la Grecia.
Il primo passo era stato quello di Ankara, con il suo accordo con il governo libico di Tripoli, volto ad estendere notevolmente i propri confini marittimi nell’area. In particolare Atene ha attaccato numerose volte e con grande durezza la Turchia per la corsa all’esplorazione di gas e al petrolio nelle zone marittime contese.
Non sorprende dunque che la prima reazione della Turchia all’accordo sui confini marittimi tra il Cairo e Atene, annunciato ieri, sia stata a dir poco veemente: “Non c’è alcun confine marittimo tra Grecia ed Egitto. La Turchia non riconosce il valore giuridico di quest’accordo. Mostreremo sul campo e a livello diplomatico quella che e’ la nostra idea dell’intesa”.
Opposta la posizione dell’Egitto: “È un accordo che permette ad ambedue i Paesi di procedere nel massimo sfruttamento delle risorse disponibili presenti nella zona economica esclusiva concordata”, ha detto il ministro egiziano Sameh Shukri all’incontro per la firma del trattato greco-egiziano al Cairo.
Dal canto suo, stato il ministro degli Esteri greco, Nikos Dendias, a definire l’accordo firmato ieri “l’esatto contrario” di quello, “da cestinare”, sottoscritto l’anno scorso fra Ankara e il governo di Tripoli guidato da Fayez al-Serraj. Sia la Grecia che l’Egitto vedevano i loro diritti “feriti” dall’intesa sui confini marittimi raggiunta l’anno scorso dalla Turchia e da Tripoli. “Con la firma del nostro accordo, invece, il memorandum turco-libico e’ finito dove meritava di finire: in un cassonetto”, ha rincarato ieri la dose Dendias. Gli osservatori concordano: le tensioni nell’Egeo promettono di crescere ancora.
(Agi)