Banda ultralarga, nel 2020 1,1 miliardi di finanziamenti dirottati sull’emergenza Covid
I fondi dirottati su spese per l’emergenza economica. Saranno reintegrate solo dal 2022. Rallenta il progetto di copertura delle «aree grigie»
Certo c’è di mezzo l’emergenza Covid ma sembra paradossale che, mentre si appresta a chiedere alla Commissione europea circa 6 miliardi nell’ambito del Recovery Plan, l’Italia faccia slittare di due anni l’impiego di 1,1 miliardi già stanziati per il Piano banda ultralarga. La rimodulazione è ora suggellata dalla pubblicazione della delibera Cipe numero 33 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 2 settembre.Si tratta di risorse del Fondo sviluppo e coesione 20214-2020 riprogrammate per essere utilizzate nel 2020 a copertura di interventi per l’emergenza economica innescata dall’epidemia.
Come cambia il piano di spesa
Il Cipe, che nella stessa delibera ha varato un’operazione analoga per 1 miliardo di euro relativo ai “Patti per il Sud”, rimodula dunque i profili finanziari annuali del Piano banda ultralarga finanziato con fondi Fsc per complessivi 3,5 miliardi di euro.
Così per il 2020 restano solo 500 milioni rispetto agli 1,6 miliardi di euro previsti. Gli 1,1 miliardi stornati verranno “restituiti” al Piano solo nel 2022 (500 milioni), nel 2023 (400 milioni) e nel 2024 (200 milioni). Uno scivolamento per la dotazione anche più lungo rispetto a un solo anno, come invece inizialmente previsto.
Slitta l’operazione «aree grigie»
Un’operazione che tocca la cassa ma non la competenza fanno sapere dall’esecutivo. Ma è un fatto che il bando per la copertura infrastrutturale con la fibra ottica delle cosiddette “aree grigie” del Paese, di cui si parla ormai dal 2017, non vedrà la luce nemmeno nel 2020. E che il pagamento della tranche di 1,1 miliardi potrà avvenire solo dal 2022. Tecnicamente, le aree grigie sono quelle zone in cui è presente un unico operatore di rete ed è improbabile che nel prossimo futuro venga installata un’altra rete. Sono aree che ricadono prevalentemente nelle periferie urbane e nei distretti industriali, sorprendentemente lasciati per ultimi nei piani di copertura del Paese proprio mentre ci si profonde in annunci politici sulla digitalizzazione delle imprese e la trasformazione 4.0.
L’intreccio con l’operazione Rete unica
C’è però un aspetto di stretta attualità che rende ancora più delicata l’operazione. Dettato certamente dall’esigenza di coprire spese per l’emergenza economica in corso, questo slittamento sembra adattarsi alla perfezione anche alla necessità di prendere tempo per aspettare la costituzione (che richiede almeno un anno) della rete unica Tim-Open Fiber con il futuro veicolo societario AccessCo. Evitato così il rischio di lanciare i bandi di gara nella seconda parte del 2020 o anche nella prima parte del 2021, senza che esista ancora il soggetto logicamente deputato a impiegare le risorse (sempre ammesso che i paletti della governnance siano sufficienti a superare il problema della proprietà a maggioranza privata).
Il problema dei tempi per il Recovery Plan
C’è di fatto un problema di tempi evidente, che vale a maggior ragione per i 6 miliardi che il governo vorrebbe richiedere alla Commissione Ue a valere sul Recovery Fund proprio per rifinanziare e completare l’intero Piano banda ultralarga. L’effetto finale, paradossale come detto, potrebbe essere che per supportare con i fondi Ue la costituzione della rete unica si ritarda la copertura del Paese che si dice invece di volere accelerare a tutti i costi.
(Il Sole24Ore)