Il segretario del Pd chiude la festa di Modena: «In quest’Italia di parolai, e twittaroli, c’è un solo partito che con le sue liste rappresenta una certezza»
Si sono radunati tutti i big del partito. Sul palco Nicola Zingaretti. E’ il segretario che chiude la festa nazionale del partito democratico di Modena. In platea ministri e vice ministri. C’è Enzo Amandola ma anche Andrea Orlando che non più tardi due ore fa dal comizio conclusivo ha chiesto una fase nuova dopo le elezioni regionali. Il leader del Pd sa che il momento è quanto mai delicato: ci sono regioni in bilico nel voto di domenica e lunedì prossimi, c’è una fetta del partito che soffre lo stare insieme ai cinque stelle ma c’è soprattutto il tema delle alleanze, dei rapporti a sinistra tra ex e fuoriusciti. Zingaretti mette subito la quarta, parla di post crisi pandemia ma soprattutto di destra, di diritti, di società. Per questo arringa di non «credere ai partiti di carta». «Noi non ci crediamo a quelli finti, di proprietà di un leader, vogliamo essere il partito delle persone, dalla parte delle persone, attore vivo della democrazia».
Per questo aggiunge, «guai a lasciare il terreno agli altri. Nessuno si illuda: i Democratici il terreno non lo lasceranno mai dentro questa democrazia.
In quest’Italia di parolai, voltagabbana, twittaroli, c’è un solo partito che con le sue liste e i suoi candidati rappresenta ovunque una certezza, l’unica garanzia contro l’avanzata delle destre: siamo noi, il Pd, altri io non li ho visti». Da qui, appunto, il ritorno alla ragioni e alle battaglie della sinistra. «Questo virus ha colpito poveri e miliardari, ma non ha rimosso le distanze, non ha messo tutti sullo stesso piano, dobbiamo combattere perché nuove discriminazioni non colpiscano persone già in fondo alla fila, questa è la posta in gioco per la quale i democratici dovranno combattere».
E su questo versante, ha sottolineato, «il vaccino dovrà essere un bene comune. Ecco perché dobbiamo combattere e quanta miopia nel vedere alcuni dei più potenti della terra nel piegare la pandemia a una logica dell’interesse per sé, che follia pensare di poter difendere un pezzo di mondo mentre gli altri affogano: la pandemia ha travolto questo castello di ipocrisia». Quindi, il passaggio puù delicato, quello sul governo. «Il beneficio più grande che questo anno di governo ha prodotto – dice Zingaretti – al di là dei 100 miliardi stanziati per il Covid, è ancorato all’aver legato il futuro dell’Italia al destino dell’Europa e aver avviato un suo cambiamento che è la speranza che stava morendo in milioni di italiani dopo la sciagura dei sovranisti e la sciagura della democrazia illiberale. Avrebbe lasciato sole le persone. Lasciare un paese fedele ai valori di libertà, democrazia e civiltà ci da la forza di andare avanti».
(La Stampa)