23 Dicembre, 2024
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Violinista massacrato di botte in via Po per sigaretta negata

E’ accaduto sabato notte a Torino: l’allievo del Conservatorio che si esibisce nei locali del centro accerchiato da 15 persone

 

Massacrato di botte in via Po per una sigaretta negata. È la notte da incubo che ha vissuto Raul Rao, 25 anni, venezuelano, aggredito da un branco tra sabato e domenica. All’uscita da un locale. L’approccio, che si è poi trasformato in un pestaggio, avviene intorno alle 3.30.
«Hai una sigaretta? Hai una sigaretta? Dico a te». Raul, violinista, ha da poco finito di esibirsi in un bar di piazza Vittorio. Studente del conservatorio Giuseppe Verdi, nei weekend suona nei luoghi della movida torinese. Il giovane sta tornando a casa. Cammina per via Po, quando incrocia un gruppo di una quindicina di persone. «Ragazzi e ragazze che avranno avuto tra i 20 e i 25 anni» racconta. Uno di loro lo avvicina e gli chiede da fumare. «Non ho niente, mi dispiace» risponde il 25enne. Continua a camminare. Ma l’altro giovane lo segue. Cerca di stare al passo. «Ha continuato a chiedermi una sigaretta. Ha ripetuto la domanda tre volte. Gli ho risposto che non potevo aiutarlo. Lui si è messo a urlare e mi ha colpito con un calcio alla schiena».

“Mi hanno massacrato senza un perché: la sera il centro di Torino è terra di delinquenti”

Raul cade a terra. Cerca di proteggersi con le mani. «Ha continuato a colpirmi. Sul petto, sul volto. Ho tentato di coprirmi il viso con le braccia». Il branco si muove. «Ho visto che i suoi amici iniziavano a correre. Ho pensato volessero aiutarmi, che volessero fermare quell’uomo che sembrava drogato o ubriaco. Sono stato un ingenuo». Nessuno ha cercato di aiutare Raul. Al contrario. Il branco gli è andato addosso. «Mi hanno dato colpi su tutto il corpo: sulle gambe, sulle braccia, all’inguine. Sembravano divertiti. Sono ancora tutto indolenzito». Uno degli aggressori apre lo zaino e tira fuori un manganello telescopico. «Me l’ha tirato in testa, procurandomi una ferita alla tempia».

Altre botte 

Raul tenta di rialzarsi. Ma viene afferrato per la maglia e sbattuto a terra. Altre botte. «Ad un certo punto, non so neanche io come, sono riuscito a divincolarmi e a fuggire. Ho telefonato a un ragazzo che conosco, che vive proprio in via Po. Gli ho chiesto di ospitarmi, di nascondermi. Temevo di rincontrare i miei aggressori. Non volevo essere picchiato di nuovo. Non ho chiamato subito la polizia, perché al mio paese i poliziotti non sempre sono d’aiuto». Raul corre. Il branco gli sta dietro. E quando prende il cellulare per contattare il suo compagno di serate, un ragazzo gli urla: «Bastardo, stai chiamando gli sbirri. Ora ti ammazziamo».

A casa dell’amico 

Il 25enne riesce a raggiungere la casa dell’amico. Si chiude dentro. E, solo quando è sicuro di non essere stato seguito, va all’ospedale Mauriziano. «Ho lividi ed escoriazioni dappertutto. L’altro giorno faticavo ad alzarmi dal letto». Il suo maestro di musica, che racconta l’aggressione su Facebook, lo convince a fare denuncia alla polizia. Raul si rivolge al commissariato Mirafiori, vicino a casa sua. Riferisce di quel branco, che lo ha aggredito senza un perché.
Per competenza, ad indagare saranno gli agenti del commissariato Centro. «Ho ricevuto tanti Sms di solidarietà. Mi ha chiamato anche il direttore del Conservatorio. Messaggi che non mi hanno fatto perdere fiducia in Torino. Dopo questo episodio, sono stato male. Ma Torino, ormai da due anni, è la mia città».

(La Stampa)

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