23 Novembre, 2024
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Zingaretti vicepremier e Regione Lazio al voto

Gli scenari in attesa del possibile rimpasto di governo

 

Pressing sul governatore per l’ingresso nell’esecutivo Conte. Lui smentisce ma alla Pisana i consiglieri dem: “Viviamo tra color che son sospesi”. Cosa cambia nella corsa per il Campidoglio. A destra competition tra Lega e Fdi per la scelta del nome del candidato

“Io sono ancora qua”: nel video che circola nelle chat dei parlamentari dem, sulle note di Vasco Rossi, Nicola Zingaretti, camicia bianca, mascherina a coprire il viso, saluta un pareggio alle Regionali che vale più di una vittoria. Ma “qua” dove? Al Nazareno, sicuramente, saldo sulla poltrona di segretario del Pd nonostante più d’un dirigente fosse pronto a metterne in discussione la leadership se il risultato delle urne fosse stato diverso. Ma nel palazzo della giunta regionale del Lazio, su via Cristoforo Colombo, dove Zingaretti “abita” dal 2013? Qui le certezze cominciano a vacillare. Perché l’unico governatore che da queste parti ha mai ottenuto un bis (nel 2018) ora potrebbe decidere di cedere alle pressioni e alle lusinghe di chi lo vedrebbe bene a Palazzo Chigi, al fianco di Giuseppe Conte, nelle vesti di vicepremier.

Regionali, Zingaretti sulle note di Vasco: “Io sono ancora qua, eh già…”

Zingaretti un po’ tentenna e un po’ smentisce, un po’ ci pensa e un po’ declina ogni invito. Sta di fatto che alla Pisana, nella sede del Consiglio regionale, i 50 eletti fiutano l’aria (“Viviamo tra color che son sospesi”, dice un’esponente) e si preparano a ogni scenario. Compreso quello delle dimissioni del governatore all’insegna del “vorrei restare ma non posso”, chiamato a puntellare il governo Conte dopo la vittoria del Sì al referendum e il magrissimo risultato del 5 Stelle alle Regionali che apre una resa dei conti interna al Movimento dagli scenari imprevedibili.

Se così fosse, il Lazio andrebbe a votare nel 2021 insieme al Campidoglio, ipotesi che nel centrosinistra potrebbe cambiare gli schemi finora consolidati. Innanzitutto per Roma, dove al momento, la presenza di Virginia Raggi rappresenta un ostacolo insormontabile a un’alleanza Pd-M5S che, invece, sarebbe molto più semplice per la Regione Lazio. E però, come pensare a un’intesa per le Regionali, magari a febbraio, e a una competizione tra gli stessi partiti per il Comune di Roma poche settimane dopo?

Il nodo andrebbe sciolto in tempi rapidi ricorrendo all’aiuto di Beppe Grillo che avrebbe l’onere di convincere Raggi a fare un passo di lato per favorire un accordo che, per ora, nella capitale ha il sapore della fantapolitica e grosso punto interrogativo sul nome di chi potrebbe tenere insieme due forze che, all’ombra del Colosseo, non hanno nulla a che spartire. E per il Lazio? “Bisogna cercare la sede del comitato elettorale”, era la battuta che circolava ieri alla Pisana nel gruppo del Pd. Un comitato dove, a quel punto, sarebbe di casa anche Roberta Lombardi, leader del M5S in consiglio regionale, che da due anni discute e collabora coi dem nonostante metà del suo gruppo le abbia voltato le spalle. Sarebbe lei uno dei perni attorno ai quali potrebbe girare l’intesa Pd-5 Stelle per evitare di consegnare il Lazio a un centrodestra, che punta alla riconquista dopo il fallimento della giunta Polverini del 2012.

In quel campo la competition tra Lega e Fdi è sempre più accesa, con il partito di Giorgia Meloni che rivendica la leadership e la scelta del candidato governatore, specie adesso, dopo la vittoria nelle Marche e nonostante la sconfitta di Raffaele Fitto in Puglia. In questo schema, Fdi cederebbe alla Lega il nome (rigorosamente civico) per la poltrona di sindaco di Roma. Nel centrosinistra, invece, si preparano il vicegovernatore Daniele Leodori, uomo forte del Pd con un serbatoio di voti ai Castelli romani, e Alessio D’Amato, battagliero assessore alla Sanità che da mesi sta gestendo, talvolta in modo rude ma efficace, l’emergenza Covid.

Anche qui la partita è apertissima e tutta legata alle scelte di Zingaretti e alla sua capacità di motivare l’eventuale decisione di mollare la Regione per approdare al governo. I precedenti, da queste parti, non gli sorridono: Walter Veltroni, nel 2007, lasciò in anticipo il Campidoglio per candidarsi alle Politiche col risultato di consegnare Roma a Gianni Alemanno e il governo a Silvio Berlusconi. Erano altri tempi, ma nel Pd in queste ore c’è chi sfoglia gli “almanacchi elettorali” in vista delle prossime mosse.

(La Repubblica)

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