25 Novembre, 2024
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Roma. Sant’Egidio al segretario di Stato Usa: grazia per quattro condannati a morte

Mike Pompeo ha incontrato i responsabili della Comunità. Si è parlato di libertà religiosa, di Africa, di profughi e di pace. E Impagliazzo ha avanzato una richiesta speciale per Trump

Un incontro a porte chiuse tra Mike Pompeo e i responsabili della Comunità di Sant’Egidio. Il segretario di Stato americano è arrivato alle 10 a Trastevere sulla scia delle polemiche sollevate dalle sue dure critiche alla Santa Sede, in piena campagna per la rielezione del presidente Donald Trump.

«È un onore per me essere qui, una vera benedizione» ha dichiarato Pompeo nel cortile dell’ex convento di suore che ospita la storica sede della Comunità. «Ciò che fate è meritevole, vi prendete cura delle persone dove c’è più bisogno», ha aggiunto, citando tra gli altri l’azione diplomatica della Comunità in corso in Sud Sudan. «Continueremo a lavorare insieme per fare cose buone nel mondo», ha concluso. Ad accoglierlo c’era il presidente della Comunità, Marco Impagliazzo: «Benvenuto in questa casa della pace – ha detto – dove tante persone vengono a cercare la pace». L’incontro è proseguito a porte chiuse anche col fondatore Andrea Riccardi, con Mario Giro, ex viceministro degli Esteri, e Mauro Garofalo, responsabile dei programmi con l’Africa.

I sorrisi e le dichiarazioni di stima di Pompeo verso Sant’Egidio hanno aperto una giornata romana apparentemente meno tesa di quella di ieri. La Comunità ha una lunga esperienza di incontri con leader politici: la cancelliera Angela Merkel, il segretario Onu Ban Ki–moon, la segretaria di stato di Bill Clinton, Madeleine Albright, che uscì da Sant’Egidio mormorando «wonderful people». Il 23 maggio 2017 era arrivata qui la figlia del presidente, Ivanka Trump, interessata ai programmi per il contrasto alla tratta delle giovani migranti.

Era stata l’ambasciata Usa presso la Santa Sede a segnalare a Pompeo l’opportunità di incontrare Sant’Egidio. Pompeo ha voluto ascoltare il punto di vista di Sant’Egidio su temi che la vedono impegnata da anni. L’Africa dunque (è in corso una delicata trattativa per il Sud Sudan), il dialogo interreligioso, i programmi contro l’aids e la registrazione anagrafica.

«Abbiamo affrontato due temi – ha spiegato dopo l’incontro Marco Impagliazzo – e cioè la difesa della libertà religiosa a partire dai cristiani in Siria, ma anche i musulmani Rohingya fuggiti dalla Birmania in Bangladesh, gli Yazidi e altri. La nostra comunità lavora per il dialogo e la riconciliazione». L’altro tema è stata l’Africa: «Sant’Egidio nel continente è impegnata in missioni di pace, nella stessa sala del nostro incontro è stato firmato un cessate il fuoco tra le fazioni del Sud Sudan che torneranno la prossima settimana». Impagliazzo ha anche espresso l’auspicio che l’impegno del Sudan nel cercare di ultimare gli accordi di pace possa condurre alla fine delle sanzioni imposte dagli Stati Uniti nel 1993, con l’accusa di Khartoum di essere “sponsor del terrorismo”. La prospettiva è «far aderire il Sudan agli Accordi di Abramo», il patto di normalizzazione dei rapporti diplomatici siglato da Israele con Emirati Arabi Uniti e Bahrein il mese scorso.

Al segretario di Stato Usa è stata sottoposta la difficile situazione del Mozambico «dove gli attacchi di forze jihadiste hanno provocato morti, tra cui anche membri di Sant’Egidio, e 300 mila sfollati. A Pompeo abbiamo chiesto di impegnarsi diplomaticamente e di sostenere i nostri programmo Dream, per la lotta all’aids, e Bravo! per la registrazione anagrafica dei bambini».

Poi una richiesta speciale: «Mi sono permesso di chiedergli – ha detto Impagliazzo – di intervenire presso il presidente Trump per un perdono presidenziale per quattro condannati a morte detenuti in Indiana,

il cui processo a nostro avviso è stato incerto. Sono persone di grande vulnerabilità, un bianco, due afroamericani e un ispanico». Avete parlato delle polemiche col Vaticano? «Non era in agenda», glissa diplomaticamente il presidente della Comunità: «Il segretario di Stato ci ha detto che il lavoro di Sant’Egidio è mirabile, che arriviamo e realizziamo lì dove la politica non arriva».

Prima di entrare nella Sala della Pace, dove fu firmata la pace in Mozambico, Pompeo aveva visitato l’adiacente piccola chiesa di Sant’Egidio, soffermandosi a sinistra davanti all’altare della Parola – dove sono conservate decine e decine di bibbie in tutte le lingue, donate dalle Comunità sparse nel mondo – e a destra all’altare delle Croci, pieno di crocefissi di ogni materiale e provenienza: la colorata croce salvadoregna col ritratto di sant’Oscar Romero, la croce con una gruccia sulla sofferenza dei disabili, la croce di Lampedusa fatta col legno delle barche dei profughi, la croce armena e tante altre ancora. «Pompeo ne è rimasto molto colpito», racconta chi l’ha accompagnato.

Concluso l’incontro Mike Pompeo è risalito su un van nero e il corteo di pulmini e suv è schizzato in Vaticano, protetto da un servizio di sicurezza misto, di g-men statunitensi in completo scuro e agenti di polizia italiani. Uno dei suv procedeva col portellone posteriore aperto perché nel bagagliaio era appostato un agente armato di mitra. Pochi minuti a sirene spiegate e il segretario di Stato di Donald Trump è planato in Vaticano per un incontro diplomaticamente molto più delicato. Quello alle 11 con il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin.

(Avvenire)

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