28 Novembre, 2024
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Coronavirus, morto in Francia lo stilista Kenzo

 

Anche lui se ne è andato e accidenti a questo maledetto Covid: Kenzo Takada, lo stilista giapponese, è morto a 81 anni, pure lui travolto dalla pandemia.

Si trovava all’ospedale americano di Neuilly-sur-Seine, alle porte di Parigi. Dal suo amato Giappone in Francia era arrivato nel lontano 1964. Lo scorso gennaio La Stampa lo aveva incontrato nel suo studio, subito sotto l’appartamento dello stilista, dinanzi allo square Boucicault, in piena Parigi. E Kenzo aveva ricordato quel momento, quando all’età di 25 anni era salito su una nave a Yokohama, per intraprendere un lungo (e iniziatico) viaggio verso l’Europa. «Visitai i Paesi più diversi, dalla Cina all’India, e allora erano diversi davvero, non ancora globalizzati – aveva raccontato -. Il mio multiculturalismo forse è nato proprio durante quel viaggio». Che in seguito si fece sentire sempre nei suoi vestiti, assieme ai colori e alla gioia di vivere di cui inondò la moda francese dagli anni Settanta.

Quinto di sette figli, Kenzo era nato nel 1939 a Himeji, città giapponese dal passato feudale, dove il padre era un commerciante. Lui s’interessò alla moda fin dall’infanzia. E, adulto, abbandonò l’università di Kobe per fuggire a Tokyo e lì frequentare la prestigiosa scuola di moda Bunka Fashion College, che da poco era stata aperta agli uomini. Seguirà il famoso viaggio in nave e l’arrivo a Parigi, dove il successo non fu immediato. Iniziò a vendere i suoi schizzi di abiti a Louis Féraud e a Jacques Delahaye, prima di ottenere un posto da assistente stilista a Renoma, allora marchio simbolo di una certa gioventù parigina. Poi, a trent’anni, nell’apile 1970, aprì la sua prima boutique nella Galerie Vivienne, con un décor ispirato al pittore Douanier Rousseau: la stessa ispirazione, fatta di animali della giungla e di colori vivaci (lui la chiamava «Jungle Jap»), si ritrovò nella prima collezione. Lì, in quello spazio ridotto, si tenne una sfilata (ormai mito) con kimono rivisitati, gonne colorate e top ampli. E le modelle che avanzavano al ritmo della musica del film «C’era una volta il West», di Sergio Leone.

Kenzo proponeva una moda femminile diversa, facile da capire, con un mix di riferimenti occidentali e delle sue radici nipponiche, con i famosi stampati vegetali e floreali e un piglio folk e gioioso.

Che sedusse in fretta (anche l’edizione americana di Vogue, che s’interessò allo stilista già dal 1971). Dal 1983 si lancerà pure nell’uomo e dal 1988 nei profumi. Ma già prima Kenzo faceva parlare di sé anche per le sfilate, veri eccentici show. Nel 1979 ne organizzò una sotto un tendone da circo, dove alla fine lui si presentò sul dorso di un elefante. All’epoca e soprattutto negli anni Ottanta Kenzo diventò perfino un protagonista irrinunciabile della Parigi by night, presenza costante in locali come il Sept di rue Sainte-Anne o il celebre Palace. Organizzava feste (anche nella sua casa dalle parti della piazza della Bastiglia, in stile giapponese) assieme al compagno Xavier de Castella.

Lui, però, morì di Aids nel 1990. E dopo Kenzo perse un po’ del suo ottimismo e della sua spensieratezza (sebbene fino alla fine abbia mantenuto una gentilezza e una buona educazione tutte giapponesi). Il 7 ottobre 1999 fece la sua ultima sfilata del proprio marchio, Kenzo, che sei anni prima aveva venduto al gruppo Lvmh del magnate Bernard Arnault. La maison Kenzo, comunque, anche in assenza di lui, ha continuato a vivere, eccome: un riferimento soprattutto per i giovani. Il ruolo di direttore artistico è stato ricoperto prima da Gilles Rosier (2000-200 3), già fedele collaboratore di Kenzo, poi dall’italiano Antonio Marras (2003-11), seguito dal duetto americano rappresentato da Carol Lim e Humberto Leon (2011-19), fino alla nomina di Felipe Oliveira Baptista. Nel frattempo Kenzo non ha mai mancato d’incoraggiare i suoi successori, sempre in prima fila ai défilés della maison, che porta ancora il suo nome, dimostrando una buona dose di fair play. Nel 1999 aveva deciso di lasciare la moda «attiva», per riposarsi finalmente e viaggiare in tutto il mondo. Ma Kenzo non era mai sparito completamente di scena. E lo scorso gennaio era addirittura ritornato in pista lanciando un nuovo marchio di design di prodotti per la casa, K3. Con quell’entusiasmo giovanile che è stata sempre la sua forza. Fino all’ultimo.

(La Stampa)

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