In diverse piazze, da Nord e Sud, i timori e le paure di commercianti e lavoratori. Manifestazioni pacifiche per chiedere la riapertura dei locali. Iniziative anche contro la didattica a distanza
Non si fermano le proteste il giorno dopo l’approvazione del decreto Ristori, voluto dal governo per aiutare le attività commerciali fermate dal dpcm, che impone la chiusura totale o parziale. In 24 città la Fipe ha promosso la mobilitazione dei ristoratori, che portano in piazza la preoccupazione per il futuro e anche la rabbia di veder andare in fumo tutti quei lavori realizzati per rispettare le norme anticontagio: “Nei nostri locali – hanno sottolineato – non sono stati registrati focolai, e abbiamo fatto sacrifici straordinari per andare avanti. Sacrifici che nessuno ci riconosce”.
Da Milano a Palermo, da Torino a Bari, Roma, Firenze e Bologna, la voce della protesta è unica: “Vogliamo lavorare”.
Oltre ai ristoratori, in piazza ci sono anche i titolari di palestre e centri sportivi, i gestori delle piscine, i tassisti, il mondo della scuola, che contesta la didattica a distanza.
Gli studenti del liceo Volta di Milano hanno protestato davanti a Palazzo Lombardia, sede della Regione, contro la didattica a distanza al 100% imposta dall’ordinanza regionale per contrastare la diffusione del Covid. E’ stata una protesta silenziosa quella dei ragazzi che, a distanza di sicurezza, si sono seduti per terra e hanno aperto i libri di testo per studiare. Ognuno di loro aveva le cuffie nelle orecchie per seguire la lezione a distanza.
A Bari corteo pacifico di alcune decine di ristoratori, titolari di bar e pub, di catering e stabilimenti balneari. I manifestanti hanno apparecchiato per terra, in largo Giannella, e si sono seduti sulla piazza, esponendo cartelli e striscioni con la scritta “Il piatto piange”. In apertura della manifestazione, è stato suonato 2Il Silenzio”. Le norme anti-Covid hanno consentito la presenza di soli 60 operatori, all’interno dell’area delimitata: gli altri hanno manifestato all’esterno.
A Napoli molti ristoratori in abbigliamento da lavoro, e con i piatti vuoti sui tavoli sistemati sulla strada, hanno chiesto aiuti concreti: “C’è il decreto – hanno evidenziato esponenti della Federazione Cuochi – ma bisogna fare presto”.
Tovaglie bianche in terra, perfettamente apparecchiate con tanto di piatti, posate e calici per il vino. È andata in scena così la protesta dei ristoratori di Torino. Un centinaio gli esercenti di ristoranti e bar che hanno risposto all’appello della Fipe e sono rimasti seduti a terra, in silenzio, in piazza Carignano. “Siamo qui simbolicamente – ha spiegato la presidente dell’Ascom Torino, Maria Luisa Coppa – questa è una piazza dove regna il silenzio. È il silenzio della preoccupazione delle nostre imprese. Siamo qui per esprimere il grande disagio che stiamo vivendo. Ristoranti, bar, gelaterie sono in difficoltà. Non solo, anche hotel e agenzie di viaggio sono in sofferenza”.
“Ringraziamo il Presidente Conte per i ristori – ha aggiunto Coppa – ma non gli crediamo quando dice che non ci sono aziende di serie A e serie B. Ci vogliono dati scientifici per decidere di chiudere un settore e non un altro. Le nostre categorie hanno seguito le regole, oggi devono accettare decisioni non comprovate da dati scientifici. Non è giusto”. “Faremo le nostre rimostranze – ha concluso Coppa – chiederemo che vengano annullate le tasse per un anno, così come i tributi. Temiamo che le chiusure imposte dal Governo servano solo a tamponare la situazione, temiamo la chiusura nel periodo di Natale, che vorrebbe dire, per molti, non aprire più”. A concludere la manifestazione dei ristoratori, le note del Silenzio, simbolo della protesta pacifica e intonato in quasi tutte le piazze.
Minuto di silenzio a Perugia, e in diverse altre piazze, in segno di solidarietà con tutte quelle persone che rischiano di perdere il posto di lavoro.
A Cagliari centinaia di persone, tra titolari di palestre, piscine e atleti, si sono ritrovate sotto il palazzo del Consiglio regionale e davanti alla Darsena del porto di via Roma, per contestare la chiusura delle loro società, stabilita dall’ultimo Dpcm anti-Covid. Tra balli, slogan e striscioni, i manifestanti hanno rimarcato il binomio tra sport e salute psicofisica. Nessun disordine, anche se in alcuni momenti, nonostante l’invito degli organizzatori, si sono creati degli assembramenti. “Le disposizioni di chiusura previste dall’ultimo Dpcm”, spiega Fabio Medda, uno degli organizzatori della manifestazione, “hanno seminato uno sconforto totale. Siamo stati lineari e puntigliosi a seguire le linee guida imposte dal governo. Nelle palestre stavamo lavorando con ingressi, ovviamente, contingentati e in sale da 110 metri quadri siamo passati da 25 persone a sette ogni ora e mezza”.
Dai bar ai ristoranti, dalle palestre e piscine ai centri sportivi, dal mondo della scuola a quello dei trasporti, quindi, le proteste non si fermano. E puntano ad un solo ed unico obiettivo: riaprire.
(Agi)