«Alle 9 di stamattina (ieri 2 novembre, ndr) ci ha lasciati a 91 anni p. Sorge, grande gesuita e direttore de La Civiltà Cattolica e voce profetica che ha accompagnato la ricezione del Concilio in Italia».
Così padre Antonio Spadaro, attuale direttore de La Civiltà Cattolica, ha ricordato il suo predecessore alla guida della rivista, in un tweet che riassume le complesse vicende ecclesiali, politiche e sociali della lunga vita di padre Bartolomeo Sorge. Nato a Rio Marina (Isola d’Elba) il 25 ottobre 1929, Sorge era entrato nella Compagnia di Gesù nel 1946. Redattore di Civiltà Cattolica dal 1966, ha diretto questa rivista dal 1973 al 1985, lavorando come esponente del consiglio di presidenza, insieme a Giuseppe Lazzati e mons. Bartoletti, all’organizzazione del primo grande Convegno nazionale della Chiesa italiana, nel 1976, sul tema Evangelizzazione e promozione umana. Dopo un intenso decennio come direttore dell’Istituto Arrupe di Palermo (dove è tra i protagonisti della cosiddetta «primavera», fioritura di iniziative civiche e movimenti per opporsi alla mafia), nel 1997 arriva a Milano per dirigere Aggiornamenti Sociali e, dal 1999 al 2005, il mensile Popoli. Padre Sorge ha al suo attivo anche numerose pubblicazioni sulla dottrina sociale della Chiesa e l’impegno dei cristiani in politica.
In realtà queste brevi note biografiche vanno esplicitate per rendere conto dell’importanza del gesuita nel contesto dello scontro in atto in quegli anni nella Chiesa in Italia. All’intensa attività pubblicistica, padre Sorge univa un’intensa attività formativa, con conferenze e seminari per gli aderenti alle Acli e per tutta quella vasta galassia di cattolicesimo che negli anni Settanta, dopo il Concilio, gravitava intorno al centro congressi “Mondo Migliore” vicino Roma. L’obiettivo era di formare laici preparati, in grado di far avanzare la Chiesa sulla strada di una penetrazione efficace nella società. Per padre Sorge, per l’Azione Cattolica e gli altri movimenti ecclesiali, si trattava di incarnare una scelta religiosa attraverso la mediazione con i partiti e la società, superando lo schema del partito cattolico. Esperimento interrotto bruscamente dall’arrivo di Giovanni Paolo II e con la scelta di Camillo Ruini come segretario e poi presidente dell’episcopato italiano per 21 anni. In un articolo uscito su La Civiltà Cattolica lo scorso anno, padre Sorge scriveva che «San Giovanni Paolo II preferiva la linea della ‘presenza’ rispetto a quella della ‘mediazione culturale’; insisteva sulla Chiesa come ‘forza sociale’, oltre che forza spirituale, e tornava a sottolineare la necessità dell’unità politica dei cattolici».
L’articolo in questione sottolineava la necessità di riprendere il percorso di applicazione del Concilio avviato con il Convegno ecclesiale del 1976, interrotto da Ruini con la stagione della «presenza» e che vede Papa Francesco spingere per un «Sinodo» della Chiesa italiana. Per rispondere alla sfida epocale – argomentava padre Sorge – un convegno non basta; un «Sinodo» qualifica di più per affrontare le due sfide di oggi: «rassicurare i fedeli, con un atto ufficiale e solenne, che l’essenza evangelica del servizio petrino nella Chiesa rimane sempre immutata, anche se cambia il modo di esercitarlo, come fa papa Francesco. Non si può far finta che non esista nella Chiesa italiana il grave problema che i fedeli acquisiscano una fede più cosciente e matura nella missione del Successore di Pietro. Un’altra difficile sfida meritevole di essere affrontata in un autorevole dibattito sinodale riguarda le implicazioni etiche e comportamentali dei fedeli, all’interno della crisi spirituale e culturale senza precedenti in cui si dibatte l’Italia». Crisi di cui Bartolomeo Sorge ha avuto esperienza diretta: era andato a Palermo nel 1985 per riuscire «dal basso» a formare una generazione di credenti impegnati nel sociale in un contesto complesso e difficile come quello impregnato di presenza mafiosa.
L’obiettivo era lo stesso: inventare un modo nuovo di presenza in politica dei cattolici. È stato lo stesso Bartolomeo Sorge a riassumere il senso del suo percorso
a L’Espresso lo scorso anno elencando i suoi tre sogni: «diventare un santo sacerdote gesuita; impegnarmi con tutte le forze nella costruzione della città dell’uomo; realizzare con fede e amore la Chiesa del Concilio, rinnovata, libera dal potere, povera, in dialogo con il mondo. Il primo sogno, ahimè, è ancora tale, ma ho fiducia che il Signore lo compirà. Il secondo sogno l’ho visto realizzarsi progressivamente nel lungo arco della mia vita, soprattutto negli anni 80, quando mi trovai a combattere la mafia che in Sicilia mirava al cuore dello Stato. Gli undici anni vissuti a Palermo li ho passati quasi tutti sotto scorta armata. Agostino Catalano, uno dei miei “angeli”, saltò in aria con Paolo Borsellino. Purtroppo non potei essere vicino a lui e alla sua famiglia, perché mi trovavo in America Latina. Il terzo sogno lo rincorro da 50 anni, metà dei quali alla Civiltà Cattolica, accanto a tre grandi papi».
(Il Riformista)