21 Dicembre, 2024
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Omaggio alla capitale deserta. Roma nun fa la stupida ste sere

Trastevere e piazza Navona, Lungovetere e Colosseo dopo le 22 sono tornati deserti. Spettrali, surreali. Per adesso…

Anche per gli spettri è dura, così. Anche loro si aggirano guardandosi intorno cercando qualcosa, chissà cosa, che mai piazza Navona o il Lungotevere o Trastevere erano stati così. Difficile rendere questo vuoto triste, in qualche modo diverso da quello respirato durante il lockdown. Denso, pesante, eppure rarefatto. Impaurito, eppure tagliente. Solo rumore dei propri passi sui sanpietrini. Come se la storia, qui a portata di mano e d’occhio, intimidita, adesso tenga la testa bassa e il fiato sospeso. Parcheggiare in centro è stato facile, facilissimo, dappertutto. Qualche volta si rinunciava a uscire per non dovere, poi, mettersi a cercare “il posto”. Incredibile quasi rimpiangere il delirante traffico capitolino, mentre girare in macchina è bellezza grande. Sorprendente.

Tanto da rallentare apposta per goderla meglio, Roma. Che invece è avvilita, non lo nasconde. Sola. Senza gente non ha anime d’accarezzare. Sa che è necessario, però si chiede lei stessa a cosa serva, in questo modo. Anche il silenzio è denso. Surreale. Appiccicaticcio. Roma è casinara, popolana, guascona, questa invece è in mascherina.

I vicoli di piazza Navona, le strade di campo de’ Fiori, piazza del Popolo e via del Corso, il Tritone, Termini stessa, tutto incartato da quel vuoto e serrande abbassate e strade che ora s’attraversano senza guardare e un bel po’ di finestre accese, che in fondo sono solo passate da poco le ventidue ed è pure venerdì. Neanche le foglie degli alberi affacciati sul Tevere si muovono come sempre. Solo silenzio, neanche un soffio di ponentino. Solo, di tanto in tanto, lampeggianti blu. E qualche sirena d’ambulanza.

Alle cinque della mattina finirà tutto questo. Per un po’, per una giornata. Poi, prima o poi, per sempre. Roma lo sa, sa aspettare. E, quando serve, è anche sorniona e tosta. Sotto ogni cenere, il fuoco di questa città non s’è spento mai. Prima o poi, butterà via mascherina e coprifuochi, sceglierà «tutte le stelle più brillarelle» che ha, tirerà fuori «un friccico de luna tutto pe’ noi», farà «senti’ ch’è quasi primavera». E non avrà più paura. Né sarà più sola.

(Avvenire)

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