La notizia diffusa dall’Oim: 74 annegati al largo di Khums. E Medici senza frontiere denuncia altri 20 morti. Dal primo ottobre si sono registrati almeno otto naufragi
Nuovi, tragici, naufragi nelle acque del Mediterraneo. A sole 24 ore dal drammatico evento di ieri, costato la vita a sei persone tra cui un neonato (LA STORIA DI JOSEPH: QUEL GRIDO DELLA MADRE), almeno 74 migranti sono morti annegati al largo delle coste libiche e in particolare al largo di Khums. Secondo quanto reso noto dalla Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim) l’imbarcazione affondata trasportava oltre 120 persone, tra cui donne e bambini. I 47 sopravvissuti sono stati portati a riva dalla Guardia Costiera libica e da pescatori, 31 corpi sono stati recuperati.
Poi poco più tardi ancora vittime al largo della Libia: altri 20 migranti annegati. A farlo sapere Medici senza Frontiere, aggiungendo che lo staff dell’organizzazione a Sorman, in Libia, sta assistendo tre donne che risultano essere le sole superstiti. Le tre donne, scrive in un tweet Msf, “sono state tratte in salvo da pescatori locali e sono attualmente in stato di shock e terrorizzate dopo avere visto i loro cari scomparire tra le onde e morire sotto i loro occhi”.
Un bilancio altissimo in termini di vite umane di chi cerca di fuggire dalla Libia. Secondo Oim almeno “novecento persone sono annegate nel Mediterraneo cercando di raggiungere le coste europee, alcune a causa di ritardi nel salvataggio. Negli ultimi due giorni almeno 19 persone, inclusi due bambini, sono affogate dopo che due imbarcazioni si sono ribaltate nel Mediterraneo centrale”.
Un bollettino di morte che però non sembra rallentare gli sbarchi in territorio italiano.
Oggi sono stati due i barconi approdati in territorio italiano: uno con 86 persone a bordo è stato intercettato e bloccato dalle motovedette della Capitaneria di porto e della Guardia di finanza nelle acque antistanti a Lampedusa mentre una seconda imbarcazione, con circa 70 migranti di varia nazionalità a bordo, è riuscita ad arrivare direttamente a Cala Madonna. L’hotspot, nonostante gli sforzi per alleggerire le presenze con trasferimenti sulle navi quarantena e con traghetto di linea o motovedette, resta inevitabilmente sovraffollato. Ottanta minorenni hanno lasciato la struttura e sono stati imbarcati sul traghetto di linea per Porto Empedocle. Il trasferimento è stato possibile dopo l’esito negativo del tampone rapido anti-Covid e dopo che sono state eseguite le procedure di identificazione. Nella struttura d’accoglienza restano, al momento, oltre 600 ospiti. Ieri si sono registrati almeno quattro approdi con un totale di 193 persone.
Intanto la salma di Joseph, il piccolo originario della Guinea deceduto ieri sotto lo sguardo disperato della madre, è stata trasferita nell’obitorio di Lampedusa in attesa della sepoltura.
Il gommone a bordo del quale si trovava assieme ad altre cento persone ha ceduto in acque libiche ed ad intervenire per i primi soccorsi sono stati i volontari di Open Arms, l’unica nave umanitaria impegnata in questo momento nell’attività di ricerca e soccorso dei migranti che fuggono dalla Libia. Alla nave, che ha 200 migranti a bordo e i corpi di 5 persone morte nel naufragio, è stato assegnato Trapani come porto di sbarco.
Durante la notte un aereo e una motovedetta della Guardia costiera hanno effettuato un’evacuazione medica urgente per due
donne, una delle quali in gravidanza, e per il neonato già morto. Altri tre migranti (un bimbo, la madre ed un uomo) del gruppo di naufraghi salvati dalla Ong che avevano urgente bisogno di ricovero sono stati portati a Malta.
Sull’ennesima tragedia del mare è intervenuta anche l’Unicef Italia. “È una notizia che ci lascia sgomenti – afferma l’organizzazione internazione -. Oggi sempre di più ribadiamo la necessità di garantire il diritto alla protezione e alla vita di ogni bambina e bambino senza alcune distinzioni e in qualsiasi luogo essi si trovino”. Per Federico Soda, capo missione dell’Oim Libia “la perdita di vite umane nel Mediterraneo è una manifestazione dell’incapacità degli Stati di intraprendere un’azione decisiva per dispiegare un sistema di ricerca e soccorso quanto mai necessario in quella che è la rotta più mortale del mondo”.
(Avvenire)