Un ricordo di Albert Sabin.
Ne parla e il professor Giulio Tarro, primario virologo emerito dell’ospedale “Cotugno” di Napoli, il quale per anni ne fu l’allievo prediletto fino a esser oggi chiamato a rappresentare la famiglia dello scienziato nel mondo.
“Il vaccino da lui ideato, una sola dose e, per di più, assunta per bocca (la famosa zolletta intrisa di liquido amarognolo) si prestava più facilmente di quello di Salk ad essere somministrato e, per di più, c’era la possibilità di eliminare con le feci un virus vivo attenuato, con lo scopo di mettere in circolo una popolazione virale a bassa virulenza in modo da poter ottenere un’elevata copertura vaccinale di massa, anche nei confronti degli individui che per svariati motivi non erano stati vaccinati. Nonostante l’innegabile superiorità di questo vaccino su quello ideato da Salk, per tutta una serie di gelosie professionali e altre meschinità, Sabin negli Stati Uniti non venne creduto. Così il suo vaccino trionfò dapprima nei paesi dell’Est. La prima nazione a produrre il vaccino di Sabin su base industriale fu la Cecoslovacchia, poi la Polonia, l’Urss e la Germania Orientale. Dal 1959 al 1961 furono vaccinati milioni di bambini dei paesi dell’Est, dell’Asia e dell’Europa. Poiché nei suddetti paesi non si verificò più alcun caso di poliomielite, furono prodotti e immessi sul mercato notevoli quantitativi del vaccino Sabin “orale monovalente” contro il poliovirus tipo I, e poco dopo, anche il vaccino orale di tipo Il (OPV) e il vaccino orale trivalente (TOPV) valido contro tutti e tre i tipi di poliovirus”
(messinamedica)