Di Battista: “Niente ministri nella guida collegiale”. Di Maio: “Ora più peso nel governo”
L’assemblea pubblica con gli interventi dei 30 relatori votati su Rousseau. Crimi: “No ad alleanze strutturali sui territori ma programmatiche”. Fico: “Se si vive di slogan, si resta nel passato”
Il tanto atteso intervento del premier Giuseppe Conte al dibattito pubblico conclusivo degli Stati generali del M5S, trasmesso in streaming su Facebook, parte senza audio. Finalmente dopo qualche minuto si sente la voce del presidente del Consiglio: “Vi siete interrogati sul presente e sul futuro del Movimento – afferma Conte – Gianroberto Casaleggio non l’ho conosciuto e mi sarebbe piaciuto confrontarmi con lui, mentre con Beppe Grillo ci sentiamo, rimane la mente più giovane del Movimento”. Poi invita i cinquestelle a “non perdere” la carica innovativa e costruttiva: “Siete una comunità di uomini e donne nata 11 anni fa” che “si è costantemente confrontata, messa in gioco assunta grande responsabilità. Siete una comunità tosta. Avete affrontato anche scelte laceranti ma non avete mai mollato”.
E suggerisce: “La coerenza delle proprie idee è senz’altro un valore, ma quando governi devi affrontare la complessità. Quindi bisogna avere il coraggio e l’intelligenza di cambiarle, le idee”. Al premier non è sfuggito che alcune delle sue decisioni “non sono state totalmente in linea con le posizioni assunte nella vostra campagna elettorale. Sono i momenti in cui siete apparsi disorientati, in cui diciamolo chiaramente si sono create incomprensioni tra di noi. Ma quando governi devi confrontarti anche con la complessità”.
Infine conclude dando ai 5S tre consigli, corrispondenti a tre sfide imprescindibili: “Mai perdere contatto con la gente, perché il rischio di chi governa è proprio quello di estraniarsi dalla realtà. Tenere l’orecchio appoggiato sulla nuda terra, dunque. Poi, rimettere l’uomo al centro di qualsiasi progetto di miglioramento della nostra società, in quello che ho chiamato nuovo umanesimo. Infine, vi siete sempre battuti contro la logica dei privilegi e su questo versante abbiamo ottenuto risultati importanti, dobbiamo continuare a lavorare su questa linea per affermare un paradigma scritto nella Carta: l’etica pubblica deve essere parte integrante di ogni impegno politico”.
Al dibattito pubblico prendono parte i trenta delegati che sono state scelti attraverso la votazione on line degli iscritti su Rousseau, per commentare i contenuti del lavoro svolto e avanzare proposte e idee.
Dopo Conte parla il capo delegazione del Movimento 5 Stelle al governo Alfonso Bonafede, che sottolinea come gli Stati generali esprimano “l’esigenza irrinunciabile del Movimento ad essere compatti nei temi, di provare a essere granitici, perché è nella compattezza che abbiamo sempre trovato la nostra forza”. E rimarca: “Stiamo portando avanti idee e valori” che fanno parte del “nostro Dna” e che ora si concretizzano “in leggi dello Stato. Un esempio molto concreto è quello del “Superbonus”. Il reggente Vito Crimi tira le somme sul lavoro dei tavoli di discussione della due giorni. Tra le conclusioni emerse, la “necessità di una guida collegiale”, nessuna deroga “alla regola dei due mandati”, sì alle alleanze sui territori ma “solo su obiettivi e programmi comuni nell’interesse dei cittadini. No a un’alleanza strutturale”.
A inaugurare i 30 interventi del dibattito pubblico (in ordine alfabetico) è la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina,
secondo cui non ci può essere regionalismo nella scuola: “La lotta per evitare le disuguaglianze non può essere barattata; tenere aperte le scuole significa anche questo: grazie alla scuola alcuni studenti vengono sottratti alla strada e alla criminalità Sulle scuole non può esserci regionalismo, tanto meno delle disuguaglianze”.
“Bene l’organo collegiale, purché sia decisionale”, afferma poi il viceministro dello Sviluppo economico, Stefano Buffagni
che dice “no ad alleanze strutturali, chi vuol far stampella di altri faccia il suo partito”. E difende la sindaca di Roma Virginia Raggi: “Ora più che mai dobbiamo fare quadrato intorno a lei. E’ stata lei a buttare giù con la ruspa le casa dei Casamonica, non quel fenomeno con la felpa”.
“Io non vedo l’ora di tornare in prima linea con il M5S, vedremo in che ruolo. Sono pronto a rimettermi in giorno ma chiedo garanzie” annuncia poi Alessandro Di Battista.
Ed elenca sei punti: “La revoca dei Benetton da Autostrade; una presa di posizione chiara rispetto al tema del conflitto di interessi tra sistema finanziario e gruppi mediatici; che venga scritto nero su bianco che non ci sarà nessuna deroga alla regola del doppio mandato; che qualunque legge elettorale dovesse essere approvata il M5S si presenterà alle politiche da solo; che il Movimento non appoggerà mai una legge elettorale senza preferenze; che nel comitato di garanzia non comprenda esponenti del governo”.
Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio,
invece, sostiene che per il M5S ora è tempo di un cambio di passo: “Io voglio un Movimento autonomo, forte e protagonista e che si deve far valere di più nel governo e quini deve cambiare passo, non basta dire solo che siamo il terzo polo: quella è una posizione, non un’identità, che si costruisce con i temi”.
Tenta di ricucire anche con Casaleggio: “Troveremo una nuova sinergia con Rousseau che ci consentirà di avere la democrazia diretta in cui credo fermamente”, un “cambiamento importante” e “su questo continueremo a lavorare con Davide”. Guardando all’Europa, dove è in atto una mini-scissione, afferma: “Per rafforzarci credo che il M5S debba anche superare le ambiguità in ambito internazionale, entrare in una grande famiglia europea”. Come Di Battista anche Di Maio insiste sulla necessità di estromettere Benetton da Autostrade: “Le recenti intercettazioni su Autostrade sono scandalose e avevo consigliato prudenza dopo l’accordo tanto celebrato”, dice il ministro degli Esteri. Quindi “o si estromettono i Benetton o la concessione deve essere revocata subito”.
Per il presidente della Camera Roberto Fico
“si parla molto di ritorno alle origini, ma secondo me è un po’ ipocrita ridurre a questo la riflessione sulle criticità di un Movimento, cresciuto tanto e molto in fretta”. E continua: “Siamo entrati nelle istituzioni e abbiamo vissuto le contraddizioni del passaggio dalle piazze ai palazzi, da opposizione a forza di governo – aggiunge -. Riconoscerlo non significa rinnegare le origini, ma evolvere tenendo fede all’essenza del progetto. Una comunità che si pone dubbi e cerca sintesi ha un futuro davanti a sé. Se vive di slogan e dogmi, è statica e resta nel passato”.
(La Repubblica)