Roma, approvata delibera
I dati delle partorienti saranno associati a un codice alfa numerico che permetterà di risalire alla sepoltura. Ama: “Colmato vuoto legislativo”. Ma la Procura indaga sulle violazioni della privacy
Ci sono volute le denunce delle donne già provate da un aborto terapeutico a far aprire gli occhi al Comune e ad Ama, che finalmente hanno deciso di mettere la parola fine all’affissione di nomi e cognomi delle partorienti sulle tombe dei feti malformati.
Con una delibera di giunta, scritta dall’assessora al Verde Laura Fiorini in collaborazione con l’azienda municipalizzata dei rifiuti che gestisce i cimiteri capitoli, sarà obbligatoria l’istituzione di una sezione apposita del registro cimiteriale che deve rimanere segreta.
All’interno saranno registrati i dati della donna e un codice alfanumerico corrispondente al feto. Solo ed esclusivamente quest’ultimo sarà esposto sulla targhetta affissa sulla tomba. In questo modo, secondo Ama “si supera un vuoto normativo”. Nel regolamento cimiteriale approvato nel 1979 e aggiornato nel 2004, l’articolo 70 impone l’affissione del nome e cognome del defunto, però i feti non hanno un nome, in quanto sono nati morti.
Basterebbe un codice per identificarli ma la Asl, ha spiegato la municipalizzata in commissione Ambiente e Pari opportunità “spesso trasmette i dati dei feti associandoli al nome della madre e non usando le generalità del feto”. L’articolo 70 non specifica come comportarsi rispetto alla sepoltura dei corpicini che hanno superato la 20esima settimana di gravidanza e questo vuoto normativo sommato all’assenza di dati da parte delle Asl che spediscono i feti al cimitero, sarebbe nata la prassi tanto contestata dalle donne.
Che con l’approvazione di questa delibera avranno contribuito in maniera fondamentale alla tutela della privacy di altre donne che si sarebbero altrimenti ritrovate con i propri nomi affissi in un cimitero. A questa vittoria poi si aggiunge la volontà della presidente della commissione Pari opportunità Gemma Guerrini di chiedere alla sindaca Virginia Raggi, con una mozione, di “disporre la rimozione dei nomi già apposti, oltre all’eliminazione dei simboli religiosi, non confacenti al carattere laico dello Stato italiano”. Le croci che deliberatamente sono state piantate sopra ogni tomba sono un ulteriore elemento di disagio per le donne non credenti o di fede diversa da quella cattolica.
Un punto interrogativo però rimane: se è vero come ha spiegato Ama che il regolamento cimiteriale del 1970 è incompleto, l’articolo 21 della legge 194 vieta di svelare il nome di chi ha abortito. Possibile che per adempiere a un regolamento tra l’altro incompleto, ci si dimentichi di rispettare le leggi? Su questo e sulle eventuali responsabilità sono in corso le indagini della Procura.
(La Repubblica)