23 Novembre, 2024
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Corte Ue. Lavoratori extracomunitari, assegni anche per i figli all’estero

La sentenza: i lavoratori extracomunitari con permesso unico o con la carta di soggiorno di lungo periodo hanno diritto ad avere la prestazione pure per i congiunti a carico che vivono fuori dalla Ue

Per l’Inps è una sentenza che potrà costare parecchio: secondo la Corte Ue i congiunti di immigrati regolarmente residenti in Italia hanno diritto ad assegni familiari anche se sono residenti all’estero. Il verdetto è arrivato ieri in risposta a un ricorso di un cittadino dello Sri Lanka, indicato solo come «WS» e uno del Pakistan, indicato come «VR». Entrambi sono regolarmente residenti da tempo in Italia con regolare permesso di soggiorno, e hanno mogli e figli a carico nei Paesi d’origine.

L’Inps aveva finora negato l’erogazione del permesso di soggiorno perché i lavoratori extracomunitari, si legge sul sito dell’istituto, «hanno diritto all’assegno per il nucleo familiare solo per i familiari residenti in Italia, salvo il caso in cui il Paese di provenienza del lavoratore abbia stipulato con l’Italia una convenzione in materia di trattamenti di famiglia». Per i cittadini italiani, invece, questo non vale: i loro familiari hanno diritto all’assegno anche se non residenti nella penisola. Il ricorso era arrivato all’ultimo grado della Corte suprema di Cassazione che a sua volta si è rivolta alla Corte Ue.

Per i giudici Ue la normativa viola le norme comunitarie. Se è vero che, spiega una nota, «in mancanza di armonizzazione a livello di Unione dei regimi di sicurezza sociale, spetta a ciascuno Stato membro stabilire le condizioni per la concessione delle prestazioni di sicurezza sociale nonché l’importo di tali prestazioni e il periodo per il quale sono concesse » tuttavia, avverte la Corte, «nell’esercitare tale facoltà gli Stati membri devono rispettare il principio di parità di trattamento tra cittadini extra Ue soggiornanti di lungo periodo o ammessi nello Stato membro a fini lavorativi da un lato, e cittadini nazionali dall’altro, per quanto riguarda in particolare le prestazioni sociali», sancito da due direttive (una del 2003 e l’altra del 2011). Cosa appunta negata dalle norme attuate dall’Inps. «Pertanto – afferma la Corte Ue – è contraria al diritto dell’Unione la normativa italiana che rifiuta o riduce una prestazione di sicurezza sociale al cittadino extra Ue, titolare di un permesso unico o soggiornante di lungo periodo, per il fatto che i suoi familiari risiedono in un Paese terzo, mentre la stessa prestazione è accordata ai cittadini italiani indipendentemente dal luogo in cui i loro familiari risiedono». L’Italia dovrà dunque dovrà ora provvedere a modificare la normativa e l’Inps dovrà erogare gli assegni negati, pena multe potenzialmente salate.

«Si tratta di una ulteriore affermazione importante del principio di uguaglianza tra migranti e lavoratori autoctoni » ha commentato l’avvocato Alberto Guariso di Asgi, che ha seguito il contenzioso sino alla Corte di Giustizia dell’Ue.

È troppo presto per stabilire l’entità dell’esborso per l’Inps per rispettare la sentenza della Corte Ue. Quello che si può già dire è che in gioco sono molti soldi. Basti dire che, secondo gli ultimi dati Inps (arretrati inclusi), nel 2018 hanno beneficiato di assegni familiari 2,8 milioni di lavoratori dipendenti privati, per oltre 3,5 miliardi di euro di spesa. E a questi assegni hanno diritto anche i lavoratori domestici, gli agricoli (entrambe categorie ad alta presenza di lavoratori extracomunitari), i parasubordinati e i pensionati al di sotto una certa soglia di reddito.

Chi sono i beneficiari dell’assegno?

Quanto valgono gli assegni familiari erogati dall’Inps? E quanti sono i beneficiari? Nel 2018 hanno beneficiato di questa prestazione nel complesso 2,8 milioni di lavoratori dipendenti privati per oltre 3,5 miliardi di spesa secondo gli ultimi dati dell’istituto, che comprendono anche gli arretrati. Hanno inoltre diritto a questi assegni anche i lavoratori domestici, gli agricoli, i parasubordinati e i pensionati del settore privato che rientrano nei limiti di reddito.

(Avvenire)

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