24 Dicembre, 2024
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I sogni esistevano molto prima di Freud

Fin dai tempi più remoti il sogno affascina l’umanità, che ne fa oggetto di culto e di studio. Ogni epoca, ogni cultura e ogni individuo si chiedono quale sia l’origine e il senso dei sogni.

Le più antiche notizie sui sogni ci provengono dall’Egitto e dalla Babilonia. Gli Egizi sono i primi a servirsi dei sogni per scoprire il destino e il ruolo dell’uomo nell’Universo, conoscere le cause delle malattie e le terapie adeguate per trattarle. Non a caso in Egitto sorgono i primi rituali d’incubazione che in seguito si diffonderanno nell’antica Grecia: in essi il malato dorme nel tempio con il proposito di ricevere nel sogno rivelazioni divine, ai fini della guarigione. In Egitto nascono le prime caste sacerdotali, gli Scribi della casa della vita che sono tenuti in grande considerazione. Gli antichi egizi, dunque, attribuiscono al sogno proprietà chiaroveggenti, premonitorie e terapeutiche: lo chiamano “misterioso messaggero”, ritenendolo inviato dalla dea Iside per consiglio e avvertimento.

Questa visione del sogno è in parte simile a quella riportata ne L’interpretazione dei sogni di Sigmund Freud, a proposito del legame fra le parti somatiche e il contenuto rappresentativo del sogno, attraverso la Teoria di Scherner. La scienza contemporanea, infatti, attribuisce molta importanza alle fonti somatiche nella formazione del sogno, come possono essere gli stimoli somatici provenienti dall’interno del corpo o gli stimoli sensoriali esterni. Scherner ipotizza che quando “l’immaginazione si libera dalle catene del giorno, cerca di dare una rappresentazione simbolica della natura dell’organo da cui proviene lo stimolo…Da ciò deriva una specie di libro dei sogni da usare come guida per l’interpretazione dei sogni.” (pag. 170). Il corpo umano nel suo insieme viene così descritto come una casa e i singoli organi del corpo come parti di una casa. Per esempio, nei sogni da “stimolo dentario”, un ingresso con soffitto a volta, corrisponde alla cavità orale, e una scala al passaggio tra la gola e l’esofago. In questo modo Scherner, verso la fine dell’800, non solo ha descritto le caratteristiche mentali connesse alla produzione di sogni, ma “ha anche creduto di aver scoperto il principio secondo il quale la mente affronta gli stimoli che le si presentano” (pag. 170).

L’epopea babilonese di Gilgamesh (primo poema epico), composta nel III millennio a.C., narra di molti episodi vissuti in sogno. Fra i tanti è citato un sogno di Gilgamesh che, nel viaggio agli Inferi, incontra il dio degli abissi marini da cui riceve in dono “sogni”: è un regalo prezioso, perché i sogni riveleranno all’eroe le intenzioni nascoste degli dei.

Secoli dopo, nel ‘700, Hildebrandt attribuisce ai sogni un potere ammonitore, “che attira la nostra attenzione sulle tare morali della nostra mente, proprio come i medici ammettono che i sogni possono farci notare delle malattie fisiche inosservate” (cit. in L’interpretazione dei sogni, pag. 59, sez. F, Il senso morale nei sogni). Kant esprime la stessa idea in un passo della sua Antropologia in cui dichiara che i sogni sembrano esistere proprio per mostrarci la nostra natura. Per capire la potenza morale attribuita ai sogni, sempre nell’opera sopra citata troviamo scritto: “Nei sogni è la verità: nei sogni impariamo a conoscere noi stessi nonostante tutte le maschere, nobili o vili, che mostriamo al mondo…L’imperatore romano, che mandò a morte un uomo che aveva sognato di assassinare l’imperatore, fu giustificato nella sua azione poiché pensò che i pensieri che uno ha in sogno, li abbia anche da sveglio.” (pagg. 54-55).

In modo analogo, anche Platone (429-347 a.C.) vede nel sogno, anticipando addirittura la teoria freudiana, la manifestazione di istinti e desideri repressi, durante la veglia, dalla censura della ragione e dominati dalle regole sociali. Nel sonno, infatti, la parte razionale dell’anima dorme e non può quindi esercitare alcun controllo sulla parte irrazionale che si abbandona spesso a visioni folli, delittuose, bestiali, perfino incestuose.

A trattare la natura e l’origine del sogno su basi filosofiche sono gli studiosi greci a partire dal V secolo a.C. Per esempio, Ippocarate (468-377 a.C.) ritiene che i sogni possano essere considerati un mezzo per capire lo stato di salute dell’individuo. L’anima, di notte, visita gli organi del dormiente e, se ci sono disturbi, li riconosce e ne fa una diagnosi. Riallacciandosi all’opinione di Ippocrate, Aristotile (386-322 a.C.) ritiene che nel sonno, non distratto dalle vicende del giorno, possiamo avere una visione più esatta di un’eventuale imminente malattia. Individui che da svegli avvertono sensazioni nelle loro dimensioni reali, mentre dormono, le percepiscono in modo più accentuato. Così, persone che avvertono un leggero ronzio alle orecchie possono sognare di trovarsi in mezzo a tuoni e fulmini, altre che sentono un lieve calore in alcune parti del corpo possono sognare di camminare attraverso il fuoco.

Comunque, indipendentemente dall’opinione dei filosofi, è l’intera popolazione greca che nutre la massima fiducia nel sogno e nelle sue proprietà terapeutiche. I greci praticano l’incubazione, vale dire si avvalgono dell’uso di addormentarsi nel tempio nell’attesa che appaia in sogno la divinità per prestare l’aiuto richiesto. Il rituale ha origine antichissime e si espande con il diffondersi del culto di Asclepio, il dio protettore della medicina. Il tempio più famoso è a Epidauro, ma anche a Roma, quello dedicato a Esculapio, dio della medicina dei Romani, un tempio, dove i malati dormono e sognano il dio che tocca la parte malata del paziente e la risana oppure indica la terapia da seguire. Analoghi rituali si svolgono in Egitto, nei santuari del dio Serapide, come accennato all’inizio dell’articolo.

Altro illustre interprete dell’antichità è Aristandro di Telmesso, l’indovino di Alessandro Magno. Egli applica all’oniromanzia il metodo cifrato, cioè un procedimento linguistico nell’interpretare i sogni, cui si rifarà lo stesso Freud. Una testimonianza di questo metodo la possiamo ritrovare durante il lungo assedio di Tiro da parte dei macedoni, in cui Alessandro Magno è impaziente di assistere alla caduta della città. Una notte sogna che un satiro danza sul suo scudo. Aristandro interpreta scomponendo la parola “satiro” in “sa – Tiro”, cioè “Tiro è tua”. Questa interpretazione convince il re e lo rende così determinato che, poco dopo, conquista Tiro. Lo stesso Freud presenta ai suoi pazienti il sogno scomposto in frammenti, in singoli elementi parziali: per ogni frammento, egli offre una serie di pensieri che si possono definire come il sottinteso di questa parte del sogno. Quindi il suo metodo si avvicina a quello “cifrato”.

Ma il più profondo conoscitore e studioso di questa materia è il greco Artemidoro di Daldi (II d.C.). Di lui Freud scrive che ci ha tramandato l’elaborazione più completa e accurata del sogno nel mondo greco-romano. Egli raccoglie in una summa tutti i suoi scritti onirici oltre a quelli esistenti nella Grecia di allora. E’ Il libro dei sogni, opera monumentale divisa in cinque parti di cui le prime tre dedicate all’amico Cassio Massimo e le ultime due al figlio, al quale Artemidoro intende lasciare tutto il suo bagaglio di conoscenze e di riflessioni. Dotato di grande intuizione ed esperienza, ritiene che il sogno sia il risultato di immagini e di emozioni accumulate durante il giorno e che non abbiano un’origine divina. Dello stesso parere è Freud, secondo il quale in ogni sogno è possibile ritrovare un collegamento con le vicende del giorno precedente, lasciando i cosiddetti resti diurni. Tuttavia, la sorprendente modernità del pensiero di Artemidoro sta nella convinzione che “l’interpretazione dei sogni non è altro che accostamento di simili”, vale a dire, interpretare significa riconoscere somiglianze e scoprire pensieri richiamati dall’immagine onirica. Assistiamo dunque a un’anticipazione dell’interpretazione che sarà applicata da Freud, molti secoli più tardi, attraverso la simbolizzazione (o rappresentazione simbolica o trascrizione simbolica). Vale a dire, quando un elemento viene rappresentato da qualche altro elemento, quest’ultimo è un simbolo. In generale, il rapporto esistente tra il simbolo (significante) e il simbolizzato (significato) è un rapporto di analogia o somiglianza formale. La tecnica di Freud si differenzia da quella di Artemidoro, però, in un punto essenziale: essa impone il lavoro dell’interpretazione al sognatore stesso, mentre per il filosofo questa scaturisce direttamente dalla mente dell’interprete.

Sogni e interpretazione dei sogni appaiono di fondamentale importanza nel Talmud, il testo sacro dell’ebraismo che, tramandato oralmente da Mosé in poi come espressione della volontà e delle leggi divine, è stato messo per iscritto dopo la seconda distruzione del Tempio di Salomone. Il sogno è quindi capito soprattutto in chiave teologica. Cinque erano le regole ermeneutiche, alcune derivate da Artemidoro, proposte dai maestri talmudici.

La prima era il simbolo e l’allegoria, la seconda il bisticcio di parole, fondata su omofonia e omografia; la terza si basa sul calcolo numerico delle lettere e delle parole; la quarta consiste nello scambio delle lettere alfabetiche; la quinta, lo stato emotivo.

In questo senso vi è una sorprendente somiglianza con alcune esperienze oniriche riportate dai pazienti di Freud, e con i cosiddetti atti mancati, ossia lapsus verbali di lettura e scrittura, di cui l’autore parla in Psicopatologia della vita quotidiana. Nel primo caso, per esempio, una paziente molto pudica e riservata, prossima al matrimonio, sogna di ornare il centro della tavola con delle violette, per un compleanno. Secondo Freud, il termine inglese violets poteva riferirlo ad un significato segreto della parola, in particolare ad un legame inconscio con la parola francese violer (violentare). Con sua grande sorpresa la sognatrice associò la parola inglese violate. In altre parole, il sogno si era servito della grande somiglianza casuale delle parole violet e violate, la cui differenza di pronuncia consiste semplicemente nel diverso accento sulla sillaba finale, per esprimere, “nel linguaggio dei fiori” i pensieri della sognatrice sulla violenza della deflorazione (un altro termine usato dal simbolismo floreale).

Anche nel Talmud è sorprendente l’attenzione verso i simboli di origine sessuale e l’importanza loro accordata. Freud stesso, di origine ebrea e profondo conoscitore delle tradizioni più antiche riguardanti l’interpretazione dei sogni, si ritiene fosse informato della tradizione talmudica.

Rispetto ai lapsus verbali, Freud riporta, tra i numerosi esempi, il racconto di un avvocato il quale, vantando le confidenze che riceveva dai propri clienti, avrebbe voluto dire che essi gli raccontavano “i loro più intimi guai”, ma quello che uscì dalla bocca fu “i loro più interminabili guai”. Con questo lapsus, l’avvocato rivelò all’ascoltatore proprio quanto gli voleva nascondere, cioè che tutto quello che i clienti gli riferivano in merito ai loro guai, a volte lo seccava e gli faceva desiderare che parlassero un po’ meno di se stessi e non gli facessero perdere tanto tempo.

Insomma, ricapitolando, alcuni concetti psicoanalitici contemporanei sono stati concepiti ben prima di Freud, sono dunque concetti che partono da molto lontano e testimoniano un’intensa affinità di pensiero, di emozioni e di affetti tra l’uomo agli esordi della civiltà e l’uomo d’oggi.

Dott.ssa Aurora Capogna

 

BIBLIOGRAFIA

S.Freud, L’interpretazione dei sogni (1899), Grandi Tascabili Newton, Roma, 1988.

S.Freud, Psicopatologia della vita quotidiana (1901), Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1987.

Artemidoro, Il libro dei sogni, a cura Del CornoD., Milano, Adelphi Edizioni, 1975.

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