Non sono solito prendere spunto da fatti di cronaca, specialmente se nera. Ma l’episodio di Alberto Genovese mi induce davvero a pensare che, oltre a quella povera ragazza, sia l’Italia stessa ad essere violentata. E purtroppo accade troppo spesso.
Durante il primo lockdown, sono stato molto colpito dalle vicende della cosiddetta caserma degli orrori. Oggi si parla della terrazza sentimento. Episodi apparentemente molto distanti tra loro, ma c’è un fil rouge.
Ciò che salta agli occhi è una narrazione da canzone trap: bottiglie e privé, vip che tutto possono, contrapposti a persone normali, che sempre meno valgono. La pandemia ha esaltato, enfatizzato il divario, quasi come nei festini tremendi raccontati da Pasolini nelle 120 giornate. L’economia di guerra, le leggi speciali, la sospensione del diritto, il sonno della democrazia: quandanche avvengano a tutela della nostra salute, portano con sé un pesante fardello fatto di sopraffazione, violenza e illegalità.
C’è un Italia di serie A, che tutto può, come prima del Covid: una platea ristretta, che viaggia, che fa sport, che guadagna bene, che è visibile, va in televisione, in hotel, in aereo, organizza feste, party, addirittura si droga e fa sesso. Contrapposta a una pletora di milioni di fantasmi. Cui è rimasto solo il cuore a battere. Senza la fantasia. E con le tasche vuote. Milioni di persone costrette a fare casa-lavoro (quando ce l’hanno), che vengono multate se leggono una pagina di giornale su una panchina, se si baciano, se comprano una bottiglia di vino. Quando, dall’altra parte, pochi vip e sedicenti tali ballano sotto le stelle.
E’ il mondo alla rovescia, il mondo di Gomorra: dove i capiclan sguazzano e gli altri soccombono. Le attività illegali non si sono allentate. Niente affatto. Hanno incrementato i loro guadagni. Il lockdown non ha fermato lo spaccio, al contrario. Nella mia Milano svuotata, ad esempio, non è infrequente vedere che gli unici a popolarla sono gli spacciatori. Spacciatori che, per carità, non significano nulla. Sono l’anello più fragile della catena. Una catena che porta in alto. E mi fa pensare che, durante lo stupro Genovese, la polizia sia arrivata e se ne sia andata. Certo, non poteva fare nulla. Però, stupisce che, in un’Italia dove tutti sono invitati a non assembrarsi, a non avere relazioni sociali, ad andare al ristorante (quando si poteva ancora) in non più di quattro persone, a non viaggiare se non con validi motivi, ci siano very important people che organizzano feste danzanti, a base di cocaina rosa (ma che cos’è?), sesso e violenza.
In questo caso, il fatto di cronaca, già di per sé tremendo, viene trasceso perché emblematico. E’ l’Italia che tutto può, contrapposta agli zombie, noi italiani comuni che niente possiamo, colpevolizzati per uno spritz o una corsa campestre.
E’ sempre stato così, ci mancherebbe: non ho scoperto l’acqua calda. Ma in un’Italia violentata, dai lockdown, dal terrore, dalla crisi, fa ancora più effetto.
Ripristiniamo il diritto e la legalità, meglio ancora, la normalità. Prima che sia troppo tardi.
(Il Riformista)