18 Luglio, 2024
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Regione. Acqua pubblica, approvata proposta di iniziativa referendaria

Pubblica e partecipata. Così deve essere la gestione dell’acqua secondo la proposta di legge approvata oggi all’unanimità dal Consiglio regionale del Lazio. Si tratta di norme di iniziativa referendaria, proposte da 39 Comuni del Lazio, primo fra tutti Corchiano, e sottoscritte da 40mila cittadini. Lo Statuto della Regione prevede infatti la possibilità di referendum propositivi che il Consiglio può evitare deliberando a sua volta sulla proposta presentata, come è avvenuto oggi, sotto la presidenza di Daniele Leodori (Pd).

I contenuti della legge

La legge stabilisce innanzitutto che “l’acqua è un bene naturale e un diritto umano universale”. Da questo principio, che recepisce lo spirito dei referendum nazionali del 2011, discende che “tutte le acque superficiali e sotterranee sono pubbliche e non mercificabili”.

La gestione del servizio idrico integrato “deve essere svolta senza finalità lucrative e ha come obiettivo il pareggio di bilancio, persegue finalità di carattere sociale e ambientale”. Vengono aboliti i vecchi “Ato”, Ambiti territoriali ottimali: la gestione dell’acqua dovrà avvenire nel bacino idrografico. La gestione dovrà avvenire in base a un preciso bilancio idrico che dovrà assicurare “l’equilibrio tra prelievi e capacità naturale di ricostituzione del patrimonio idrico” e dovrà essere aggiornato con cadenza almeno quinquennale. Ogni anno le autorità di bacino dovranno predisporre “un report sulle perdite idriche nelle reti di distribuzione”.

Gli ambiti di bacino idrografico dovranno essere individuati dalla Regione entro sei mesi dall’entrata in vigore della legge, attraverso un nuovo provvedimento legislativo. Ciascun ambito sarà “governato” da un’autorità di bacino, a cui partecipano gli enti locali corrispondenti per territorio. I delegati degli enti locali partecipano alle “assemblee decisionali di bacino” con vincolo di mandato. La gestione del servizio idrico dovrà avvenire in maniera integrata: “Le opere di captazione, gli acquedotti, le fognature, gli impianti di depurazione e le altre infrastrutture e dotazioni patrimoniali afferenti al servizio idrico integrato – si legge all’articolo 6 – sono di proprietà degli enti locali e sono assoggettati al regime proprio del demanio pubblico”.

Sono costituiti due fondi: il primo destinato alla “ripubblicizzazione”  di cui possono beneficiare gli enti locali che vogliono tornare a gestire il servizio “subentrando a società di capitale”. Tale fondo sarà finanziato nel triennio 2014-2016 da un apposito capitolo di bilancio. Il secondo, avrà carattere di “solidarietà internazionale”, “al fine di concorrere ad assicurare l’accesso all’acqua potabile a tutti gli abitanti del pianeta” e sarà destinato a progetti cooperativi, escludendo ogni forma di profitto privato.

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