25 Novembre, 2024
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C’è ancora molto petrolio in Basilicata

E sta nel giacimento di Tempa Rossa che punta a

estrarre 50mila barili al giorno,

ma sindaci e ambientalisti non sono d’accordo

Dal 12 dicembre è iniziata l’attività estrattiva del giacimento petrolifero Tempa Rossa, in Basilicata. Negli ultimi due anni la Total, società francese che gestisce il giacimento, aveva fatto prove sperimentali di estrazione per tarare gli impianti in vista dell’autorizzazione definitiva arrivata il 9 dicembre dall’ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse del ministero per lo Sviluppo economico.

Grazie alle prove sperimentali, nell’ultimo anno sono già stati estratti circa 10 milioni di barili di petrolio, ma dopo l’autorizzazione ne verrà estratto molto di più: l’obiettivo dell’azienda è produrre 50mila barili di petrolio al giorno, 230mila metri cubi di gas naturale, 240 tonnellate di GPL e 80 tonnellate di zolfo. I dati della produzione di Tempa Rossa vengono comunicati ogni giorno sul sito della regione Basilicata: il 17 dicembre sono stati estratti 28.658 barili di petrolio.

Tempa Rossa ha così iniziato l’attività nella regione dove si estrae oltre l’80% di tutto il petrolio italiano. È una storia che parte da molto lontano e che negli ultimi decenni ha fatto discutere a causa dell’impatto ambientale del giacimento e di alcune vicende giudiziarie.

 

La storia del giacimento

Tempa Rossa è un giacimento petrolifero che si trova in un vasto territorio nella valle del Sauro tra i comuni di Corleto Perticara, in provincia di Potenza, e Gorgoglione, in provincia di Matera. Prende il nome dall’omonima località del comune di Corleto Perticara.

L’estensione dell’area del titolo minerario è di 290,59 chilometri quadrati, mentre gli impianti di trattamento occupano una superficie di 190mila metri quadrati. Il giacimento è stato scoperto nel 1989 dalla società belga FINA, poi assorbita dalla francese Total. La scoperta del petrolio non è stata una sorpresa, perché già dall’inizio del Novecento era stata accertata la presenza del petrolio in Basilicata. L’area più nota, prima di Tempa Rossa, era quella della Val d’Agri, il più grande giacimento europeo sulla terraferma, oggi gestito da Eni.

Nel 1999, dieci anni dopo la scoperta di Tempa Rossa, un decreto ministeriale ha conferito alla concessione chiamata “Gorgoglione” lo sfruttamento di idrocarburi liquidi e gassosi, cioè petrolio, metano e GPL. Tra il 2011 e il 2012 Total ha ottenuto tutte le autorizzazioni per costruire gli impianti e ha confermato il piano di investimento da 1,6 miliardi di euro. I lavori sono iniziati nel 2013 e si sono conclusi tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018.

Sul sito ufficiale, Total scrive che il giacimento è particolare «per il suo contesto ambientale: situato tra il parco regionale di Gallipoli Cognato e il parco nazionale del Pollino, la concessione si trova nel cuore di una regione ad alto valore turistico per la bellezza dei suoi paesaggi; si estende su un territorio geologico segnato da una sismicità non trascurabile e una rete idrogeologica complessa. A queste particolarità si aggiunge un patrimonio archeologico di primo piano».

Total assicura di utilizzare «le tecniche più adatte dell’industria petrolifera in materia di esplorazione e produzione, e anche per quanto riguarda la sicurezza delle operazioni, il rispetto dell’ambiente e della natura».

 

La produzione

Il “Centro oli” è un grande impianto dove viene trattata la miscela di idrocarburi estratta dal sottosuolo. Modulando la temperatura, dal greggio si estraggono petrolio, GPL e gas. A 80°C si producono gli idrocarburi liquidi, mentre dai 150°C in su gli idrocarburi diventano gassosi. Il metano viene convogliato nella rete di distribuzione e concesso gratuitamente alla Basilicata, con una fornitura stimata di 40 milioni di metri cubi di metano ogni anno. Il GPL viene immagazzinato in due serbatoi interrati da 1.500 metri cubi ciascuno. Il petrolio, invece, viene trasportato attraverso una rete sotterranea lunga 130 chilometri fino alla raffineria Eni di Taranto.

Mercoledì 9 dicembre il Sole 24 Ore ha scritto che la Basilicata chiuderà l’anno con un picco produttivo di 4,6 milioni di tonnellate di greggio (+1,3 milioni di tonnellate rispetto al 2019). Una produzione che rappresenta il 79% dei 5,8 milioni di tonnellate prodotti in tutta Italia. Secondo le previsioni di Nomisma Energia, nel 2021 l’estrazione di idrocarburi crescerà ancora e arriverà a 6,3 milioni di tonnellate con un apporto della Basilicata di 5,4 milioni di tonnellate di greggio.

Secondo il report «L’economia della Basilicata», pubblicato a novembre dalla Banca d’Italia, «nel comparto estrattivo, che incide in termini di valore aggiunto per circa un terzo sul totale dell’industria in senso stretto, la produzione di petrolio greggio è aumentata del 27 per cento nei primi otto mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo del 2019, mentre quella di gas naturale è rimasta sostanzialmente stabile. La crescita della produzione è riconducibile alla concessione Gorgoglione (Tempa Rossa), il cui sfruttamento è iniziato a dicembre scorso (con le prove sperimentali di estrazione, ndr), mentre quella della principale concessione regionale (Val d’Agri), è diminuita di circa il 14 per cento».

Ma nonostante sia stato estratto più petrolio, il valore della produzione è diminuito per effetto dell’andamento del prezzi, in forte calo rispetto allo scorso anno. Secondo la Banca d’Italia, nei primi otto mesi del 2020 si è registrato un calo di valore pari a un sesto rispetto allo stesso periodo del 2019.

Il calo influirà anche sulle royalties versate nelle casse dello Stato e degli enti locali. Ogni anno, infatti, le compagnie petrolifere versano royalties sulla base della produzione dell’anno precedente. Nel 2020 lo Stato ha ricevuto complessivamente 193 milioni, di cui 110 sono andati alla Basilicata (94 alla Regione e 16 ai Comuni delle aree estrattive). Oltre alle royalties, le altre ricadute economiche per il territorio della Basilicata riguardano l’occupazione. Secondo gli ultimi aggiornamenti, a Tempa Rossa sono stati assunti 161 dipendenti diretti, mentre sono 389 gli occupati indiretti nel settore dei servizi e della manutenzione.

 

Il problema ambientale

Durante tutto il procedimento autorizzativo per l’apertura del giacimento Tempa Rossa, associazioni ambientaliste e attivisti hanno sollevato il problema delle conseguenze ambientali dovute all’attività dell’impianto. Ogni settimana sul sito della regione Basilicata vengono pubblicati report con tutti i dati di monitoraggio della qualità dell’acqua e dell’aria.

Ma i dubbi degli ambientalisti sono soprattutto sull’opportunità di aprire un giacimento in un momento storico che vede i governi di tutto il mondo impegnati nella lotta al cambiamento climatico anche grazie alla decarbonizzazione.
Antonio Lanorte, presidente di Legambiente Basilicata ha detto che:

 «nel dibattito pubblico si fatica a trovare concreti riferimenti relativi alla baseline ambientale e socioterritoriale dell’area mineraria e al monitoraggio ambientale. Tanto più che oggi, nel 2020, appare davvero anacronistico investire sul petrolio, che rappresenta, inequivocabilmente, il passato, mentre la parte del Pianeta più avanzata lo sta già abbandonando».

Legambiente Basilicata ha chiesto di iniziare un progetto di transizione energetica fondato su «bioeconomia circolare e fonti rinnovabili in cui Eni, Total e Shell devono svolgere un ruolo decisivo, questa volta come “amici del clima”, oltre che della Basilicata».

Sabato 17 ottobre alcuni sindaci dei comuni che si trovano nella zona del giacimento hanno tenuto un presidio di protesta davanti ai cancelli del “Centro oli” per chiedere a Total più garanzie sui controlli e la tutela ambientale.

«Sono ormai due mesi che quasi ogni giorno, in molti dei Comuni della concessione, si avverte un cattivo odore, simile a quello tipico delle uova marce; alcuni cittadini hanno denunciato lacrimazione agli occhi e rossori al viso»,

si legge nell’annuncio della protesta.

«Ad oggi, non solo non si hanno garanzie sulla tutela ambientale, sulla tutela della salute e sull’occupazione, ma si assiste ad atteggiamenti sufficienti quando non addirittura arroganti da parte di Total nei confronti delle legittime richieste di comunità e dei loro rappresentanti istituzionali».

Alla protesta, però, non ha partecipato il sindaco di Corleto Perticara, sostenendo di non essere stato interpellato dai colleghi.

 

Le dimissioni della ministra Guidi

Il nuovo impianto di Tempa Rossa è stato anche al centro di una vicenda politico giudiziaria. Nel 2016, infatti, Federica Guidi, allora ministra dello Sviluppo economico del governo Renzi, si dimise in seguito alla pubblicazione di alcune intercettazioni di conversazioni tra lei e l’allora compagno Gianluca Gemelli. Nell’intercettazione, Guidi rassicurava Gemelli sull’approvazione di un emendamento che, secondo gli atti dell’inchiesta della procura di Potenza, avrebbe favorito i suoi interessi economici inerenti a Tempa Rossa. Secondo il Corriere della Sera, Gemelli era in attesa dell’avvio dei lavori a cui avrebbero partecipato, attraverso due subappalti, le sue società Ponterosso Group e Its srl.

L’emendamento al centro di questa storia fu presentato durante la discussione della legge di stabilità del 2015 e stabilì che opere come l’impianto di Tempa Rossa fossero approvate dal governo – precisamente dal ministero dello Sviluppo economico, cioè all’epoca Federica Guidi – e non dagli enti locali. Secondo la procura di Potenza, Gianluca Gemelli aveva interessi commerciali legati all’avanzamento dei lavori per la costruzione dell’impianto, per via di due subappalti. Guidi non fu mai indagata.

Martedì 10 gennaio 2017 la procura di Roma ha chiesto l’archiviazione dell’indagine, convalidata dal giudice per le indagini preliminari nel maggio del 2017. Lo scorso aprile, Federica Guidi è stata nominata nel consiglio di amministrazione di Leonardo, l’ex Finmeccanica, azienda partecipata dal ministero dell’Economia e attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza.

(Il Post)

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