25 Novembre, 2024
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Virus: la variante inglese può mettere a rischio anche i vaccini

Un virus più contagioso alla base della seconda ondata.

La mutazione apparsa a febbraio in Europa del Sud ha reso il coronavirus molto più trasmissibile.

E la nuova versione D614G ha alimentato la corsa dei contagi nel mondo. Oggi Londra scopre un’ulteriore variante.

È molto vicina alla proteina spike contro cui sono mirati i vaccini. Anche il Sudafrica scopre una nuova versione di Sars-Cov-2

Con 74 milioni di contagi sulle spalle, il coronavirus ha cambiato volto. Poco, per fortuna. Ma chi ne ha guardato i più minuti dettagli sa quanto una mutazione, per quanto piccola, possa cambiare le carte in tavola con la pandemia. Mentre la Gran Bretagna si allarma per l’emergere di una nuova variante di Sars-Cov-2, il gruppo di Ralph Baric all’università del North Carolina, uno dei più grandi esperti di coronavirus, ha spiegato perché la mutazione D614G che ha conquistato il mondo durante questa seconda ondata è riuscita a inserire una marcia tanto alta.

È bastato che nel genoma di Sars-Cov-2 cambiasse uno dei 30mila nucleotidi, dei mattoni che lo compongono, perché nascesse la variante D614G. E perché, scrive Baric quasi contemporaneamente su Science e sul New England Journal of Medicine, il virus “identificato in febbraio in Europa meridionale si diffondesse rapidamente e diventasse prevalente nel mondo”. Per confermare quelle che potrebbero sembrare coincidenze – l’epidemia più severa in Italia in primavera, proprio nel luogo e nel momento in cui D614G è comparsa, e i numeri assai più grandi della seconda ondata rispetto alla prima – Baric ha preso un coronavirus, gli ha fatto acquisire la mutazione e ha misurato la sua capacità di replicazione con un esperimento in tre fasi.

In provetta, su vari tipi di cellule del tessuto respiratorio umano, il virus mutato si è replicato e ha raggiunto quantità fino a 8 volte superiori rispetto al virus originario, quello comparso a Wuhan. Anche quando il virus originario è stato messo a contatto con le cellule in quantità dieci volte superiore rispetto al virus mutato, quest’ultimo in pochi giorni ha preso il sopravvento, conquistando l’intera coltura. Su criceti e topi usati come cavie, infine, la versione D614G è stata capace di diffondersi di più e prima nelle mucose del naso, il “ponte di lancio” preferito del coronavirus per contagiare gli altri. Rispetto al virus originario, D614G è capace di contagiare precocemente (appena due giorni dopo l’infezione, nelle cavie) e con dosi più basse.

“I nostri esperimenti dimostrano – scrive Baric – che la variante D614G si trasmette in modo significativamente più rapido nei criceti attraverso goccioline e aerosol”. La mutazione provoca “un aumento di infettività e di capacità di trasmissione anche nella popolazione umana”. La gravità dei sintomi è uguale o “marginalmente superiore” per il virus mutato, almeno per quel che gli scienziati hanno osservato nelle cavie. Anche negli uomini, comunque, D614G provoca “cariche virali più alte”. E con una maggior quantità di microrganismo nel naso è più facile contagiare chi ci sta vicino. Anche se più efficiente nel contagiare, il virus mutato non è più agile nello sfuggire ai nostri anticorpi. “Anche i vaccini allo studio diretti contro la spike dovrebbero essere efficaci contro la variante D614G”, quella della scorsa primavera, scrive Baric.

Non è detto però che possa andare sempre bene, nella roulette russa delle nuove mutazioni. Ed è qui che l’allarme sollevato in Gran Bretagna è giustificato. “Nonostante un sistema di correzione delle bozze che rende il genoma del virus molto fedele”, le mutazioni emergeranno sempre, scrive Baric. Man mano che sempre più persone saranno immunizzate, è possibile che una nuova variante capace di sfuggire agli anticorpi generati dal vaccino emerga e prenda il sopravvento. “E’ importante – raccomandano i ricercatori americani – identificare subito l’emergere di nuove varianti, soprattutto nel momento in cui l’immunità di gregge o altri interventi attivi da parte dell’uomo altereranno le pressioni selettive sul genoma del virus”.

È ancora presto per capire che caratteristiche avrà la variante inglese. Ma i ricercatori sono preoccupati. In uno studio preliminare di varie università britanniche, si fa notare che il nuovo ceppo, battezzato B.1.1.7, è stato osservato la prima volta il 20 settembre nel Kent e da allora ha moltiplicato le sue apparizioni, arrivando oggi a 1.623 campioni, di cui 519 a Londra, 555 nel Kent, 545 in altre regioni del Regno Uniti e 4 all’estero, “con una proporzione di casi in aumento”. I ricercatori hanno notato nel nuovo ceppo “un numero sorprendentemente grande di cambiamenti genetici, specialmente nella proteina spike”. Che è quella contro cui sono diretti i vaccini. “Tre di queste mutazioni hanno potenziali effetti biologici”. Che potrebbero ripercuotersi sulla capacità di infettare e di causare sintomi gravi. La variante N501Y potrebbe “aumentare l’affinità con il recettore Ace”. Quindi facilitare l’ingresso del virus nelle nostre cellule. “La delezione 69-70del è stata descritta nel contesto della capacità di evadere alla risposta immunitaria umana”. Potrebbe ostacolare il lavoro delle nostre difese. La mutazione P681H infine potrebbe avere effetti biologici che però non sono ancora precisati.

Alla preoccupazione inglese, infine, si aggiunge quella del Sudafrica. “I nostri scienziati hanno annunciato che una nuova variante chiamata 501.V2 è stata identificata nel nostro paese” ha detto venerdì il ministro della Salute Zweli Mkhize. “Le evidenze raccolte suggeriscono con forza che la seconda ondata in corso sia alimentata da questa nuova variante”.

(La Repubblica)

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