Viterbo – Il consigliere comunale: “Un atto dovuto per gestire la crisi d’impresa ed evitare il peggio per i cittadini” – La proposta per gestire la situazione in cui versa la società idrica
Viterbo – “Talete va portata subito in tribunale. E’ un atto dovuto per gestire la grave crisi d’impresa che la sta caratterizzando, forse da lungo tempo”. E’ la proposta di Giacomo Barelli, consigliere comunale a Palazzo dei Priori e avvocato che ieri pomeriggio ha convocato una conferenza stampa al Bistrot del teatro in via Cavour a Viterbo per spiegare la situazione del gestore idrico della Tuscia dopo la pubblicazione dei contenuti dell’atto di costituzione in mora, inviato dalla procura regionale della Corte dei conti e rivolto a 15 persone, tra ex amministratori e dirigenti, in cui la Procura parla di “stato di decozione” della società Talete evidenziando, tra le altre cose, “una generalizzata crisi di liquidità connotante la gestione finanziaria della partecipata non adeguatamente sottoposta a vigilanza da parte dei soci pubblici”.
“Proponiamo di agire immediatamente – ha detto subito Barelli – per fermare l’emorragia e ed evitare che il paziente muoia”. E per farlo, “bisogna soltanto avviare una procedura concorsuale presso il Tribunale di Viterbo. procedura che contempla due cose: il concordato oppure il fallimento della società.
Concordato. E’ la possibilità di presentare un piano di risanamento, in tal caso al Tribunale di Viterbo, che attraverso, ad esempio, il pagamento di una quota a tutti i creditori, con il loro consenso e ovviamente quello del tribunale, in ipotesi il 40% del dovuto, arrivando così al risanamento e al rilancio della società che in questo modo verrebbe salvata.
Fallimento. Si ricorre al fallimento, e a deciderlo è sempre, anche in tal caso, il Tribunale di Viterbo, qualora la situazione della società non consenta di formulare un piano di risanamento credibile ed attuabile e pertanto la gestione della stessa verrebbe dichiarata fallimentare e i suoi organi societari sostituiti da un curatore, nominato dal tribunale, che si assumerebbe il compito di liquidare definitivamente gli attivi della società, pagando cioè quello che può pagare, e contemporaneamente iniziare le azioni di responsabilità qualora individuasse comportamenti di mala gestione.
“In entrambi i casi – commenta Barelli – la situazione va messa in mano al tribunale per sottrarla alla politica, la sola e vera responsabile di quanto accaduto e sta accadendo. Un atto dovuto”.
Una società in stato di decozione, come ha evidenziato la procura regionale della Corte, è una società in condizione di insolvenza irreversibilmente, quindi incapace di assolvere regolarmente le proprie obbligazioni. “La decozione – come ricorda invece l’enciclopedia economica della Treccani – è presupposto essenziale della dichiarazione di fallimento dell’impresa”.
“Dopo la Caporetto della politica, vissuto in V commissione comunale l’altro giorno – spiega Barelli – abbiamo il dovere politico, morale e istituzionale di dire chiaramente ai cittadini quello che sta accadendo e proporre una soluzione credibile, visto che la Talete riguarda direttamente i cittadini, sia per la richiesta di aumento delle bollette, l’aumento delle tariffe, sia per tutte queste voci di un presunto danno che si sono rincorse. Danni che poi dovrebbero pagare i cittadini. Chi ha contributo a creare il problema non può trovare la soluzione, tant’è vero che dopo la pubblicazione dei contenuti dell’atto di costituzione in mora, la politica è piombata in un silenzio totale. Speravo ci fosse una discussione più seria, invece leggo di continue discussioni, tra partiti e correnti di partito, relative alle poltrone del Cda”.
“E’ tuttavia evidente – prosegue Barelli – che siamo, per quanto riguarda Talete, nel pieno di una crisi d’impresa. In particolare siamo di fronte a una società che, da quello che è emerso in quinta commissione e sulla stampa, sarebbe, e probabilmente non da ora, in stato di decozione e di insolvenza con gravissime difficoltà finanziarie”.
“Entrambi gli strumenti – precisa poi il consigliere comunale di Forza civica – quello del concordato oppure del fallimento, presuppongono una presa di responsabilità, atto dovuto in caso di decozione, che porti gli amministratori a presentare, ai sensi dell’articolo 161 della legge fallimentare, una richiesta di concordato con un preciso piano di risanamento. Oppure, qualora la situazione fosse ancora più grave, a presentare necessaria istanza di fallimento chiedendo, ai sensi dell’articolo 104 della legge fallimentare, l’esercizio provvisorio dell’impresa da parte della curatela stante il servizio pubblico prestato dalla società e gli importanti riflessi che la stessa ha sui cittadini e i lavoratori della partecipata, nonché per i creditori la cui grande maggioranza è formata dagli stessi comuni soci”.
Una presa di coscienza che per Barelli avrebbe un duplice vantaggio. “Da un lato, togliere alla politica la gestione fin ad oggi fallimentare del servizio idrico, dall’altro sottoporre a controllo del tribunale competente la grave situazione della Talete. Controllo che rappresenterebbe l’unica garanzia per i cittadini di non peggiorare le cose e non procurare ulteriori danni e responsabilità”.
Se Talete non venisse portata in tribunale, cosa potrebbe succedere? “Chi di dovere – risponde Barelli – si assumerebbe una grande responsabilità, prima fra tutte la possibilità di aggravare uno stato finanziario compromesso”. “Va poi considerato che alcune delle possibilità rappresentate potrebbero essere esercitate d’ufficio da chi ha questa facoltà per legge”. Vale dire? “Ad esempio, un pubblico ministero della Procura della Repubblica”.
Supponiamo poi che la politica non prenda atto dello stato di decozione, confermato di fatto anche in V commissione, e la situazione dovesse precipitare, quali responsabilità legali avrebbero gli organi amministrativi e le istituzioni? “Non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di evitare – risponde il consigliere comunale – equivarrebbe a causarlo”.
Laddove la situazione dovesse precipitare e la società Talete fallire senza che nessuno, nonostante la grave situazione, faccia niente, un tribunale potrebbe arrivare ad ipotizzare la bancarotta? “In un ragionamento ipotetico – spiega Barelli – è chiaro che qualora si apra una procedura fallimentare sarà onere del curatore nominato dal tribunale effettuare le verifiche previste dalla legge e, se del caso, relazionare alla competente autorità giudiziaria qualora dovesse ravvisare ipotesi di reati fallimentari”. E tutto ciò è applicabile anche a una società in house come Talete? “Sì – risponde Barelli – e anche Talete sarebbe soggetta al conseguente regime delle possibili responsabilità penali”.
Quale futuro, infine, per Talete? “Il futuro – conclude Barelli – è quello che la legge prevede per una società in house in crisi. Ed è su quello, e sulla gestione della crisi, che una politica con la P maiuscola dovrebbe ragionare”.
(Tusciaweb)