Ecco come celebrare la Natività al tempo del Covid. La Cei: autocertificazione per andare in chiesa (purché sia quella più vicina a casa). Niente bacio del Bambinello. I lumini alle finestre
Ha ragione il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, quando scrive alla sua gente che sarà «un Natale diverso ma non triste». L’emergenza Covid, con la scelta del Governo di decretare “zona rossa” tutta l’Italia da oggi a domenica, incide anche sulla vita ecclesiale e quindi sulle modalità di celebrare la Natività nelle parrocchie. Il coprifuoco, che scatta ogni sera alle 22, ha spinto la Cei a chiedere ai vescovi e ai parroci di anticipare la Messa della notte e di valorizzare anche la Messa della vigilia. È quella vespertina che, come ad esempio chiariscono i vescovi della Calabria in una sorta di vademecum per il Natale, può essere celebrata dalle 17 alle 20, mentre quella della notte potrà cominciare dalle 20 o comunque in un orario che consenta ai fedeli di rientrare a casa prima delle 22. A Roma il vicariato ha addirittura previsto che si possa celebrare con il formulario della Messa della notte a partire dalle 18.
Il 25 dicembre, solennità della Natività, da Nord a Sud della Penisola si è scelto di “moltiplicare” il numero delle liturgie «prevedendo di celebrare in altri orari nella mattinata (se è possibile) e anche nel pomeriggio», sottolinea – per citare un caso – il vescovo di Vittorio Veneto, Corrado Pizziolo. Una decisione che vuole essere una risposta al contingentamento dei posti disponibili sulle panche e al rischio che qualcuno possa trovare il “tutto esaurito” in chiesa. A supportare l’opzione anche il decreto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti che in questo Natale sui generis permette di derogare al limite delle tre Messe che un sacerdote può celebrare nelle feste di precetto: così ciascun prete presiederà fino a quattro Eucaristie. I riti saranno scanditi dalle misure anti-Covid contemplate nel protocollo Cei-Governo sulle Messe “sicure”: dall’obbligo di indossare mascherine per tutta la celebrazione al gel disinfettante alle porte d’ingresso; dal distanziamento sui banchi alla Comunione distribuita sulle mani. Accanto allo stop dello scambio della pace, mancherà anche un altro gesto tradizionale legato alle liturgie della Natività: il bacio del Bambinello.
Nessuna restrizione nella partecipazione alle celebrazioni. La Cei ha già consigliato di portare con sé l’autocertificazione e ricorda che nei giorni di “zona rossa” le chiese dove si potrà andare a Messa «dovranno ragionevolmente essere individuate fra quelle più vicine», mentre quando il Paese diventerà “zona arancione” sarà possibile raggiungere qualsiasi luogo di culto nel proprio Comune o, se si vive in un Comune con meno di 5mila abitanti, entrare nelle chiese in un raggio di trenta chilometri.
Siccome non si vivrà la mezzanotte di Natale in chiesa, c’è chi raccomanda di “solennizzarla” fra le mura domestiche. I vescovi della Sicilia chiedono di far suonare a festa le campane di tutte le chiese proprio a mezzanotte «come segno di gioia natalizia e di comunione». La stessa proposta giunge dal vescovo di Viterbo, Lino Fumagalli, «per invitare i fedeli dalle proprie case a un momento di preghiera assieme» o anche dai presuli della Basilicata che poi suggeriscono di accendere un lume sui davanzali delle finestre. A tutto ciò si unisce l’invito a pregare davanti al presepe dove si può tenere lo «svelamento» della statua di Gesù Bambino, come esorta l’arcivescovo di Monreale, Michele Pennisi.
Può anche accadere che la paura del contagio freni le presenze alle Messe. Ecco allora la possibilità di seguire le celebrazioni sulle tv nazionali oppure in streaming su siti e canali social dove diocesi e parrocchie trasmetteranno in diretta le liturgie. E poi può essere promossa la preghiera in famiglia. I vescovi della Calabria indicano un ventaglio di alternative: l’inaugurazione del presepe casalingo con «un momento di preghiera»; l’inaugurazione dell’albero che rimanda a «Cristo vero albero della vita» e ai cui piedi «non dovrà mancare un dono per i poveri»; la benedizione della famiglia prima della cena di Natale con un «ringraziamento al Signore per il dono del cibo».
(Avvenire)