23 Novembre, 2024
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Le tre bombe per l’economia italiana

Con il passaggio della pandemia di coronavirus e con la conseguente crisi economica generata sia dalle preoccupazioni sotto il profilo sanitario sia dalle scelte messe in campo dal governo per gestire i contagi, l’Italia si è riscoperta quanto mai prima fragile.

Non solo poiché le restrizioni hanno colpito in modo particolare le piccole medie imprese operanti attorno al settore del turismo (e che compongono una larga parte del panorama economico italiano) e le filiere produttive, ma anche perché ha generato una nuova ondata di indebitamenti che, presto o tardi, andranno restituiti. Ma soprattutto, i problemi maggiori rischiano di non essere ancora venuti al pettine proprio grazie alle misure messe in campo dall’esecutivo le quali però, nel corso del prossimo anno, andranno comunque revocate se non almeno ampiamente ridimensionate, come nel caso del blocco dei licenziamenti. E in questo scenario, purtroppo, la situazione rischia di apparire ancora più drammatica delle attese, soprattutto se contestualizzata all’interno delle altre criticità che, anche in assenza della pandemia, hanno già messo da anni in allarme gli economisti del nostro Paese, come nel caso dell’invecchiamento medio della popolazione.

Npl, le banche iniziano a tremare

Per far fronte alla prima ondata della pandemia che aveva posto il governo nelle condizioni di decidere uno stop forzato ad una moltitudine di attività una delle misure messe in campo era stata quella dei finanziamenti agevolati garantiti in larga parte dallo stesso Stato. Fino a 25mila euro quasi a “scatola chiusa” ed oltre solo a seguito della valutazione del merito creditizio da parte degli istituti di credito, gli imprenditori che hanno usufruito del finanziamento sono stati superiori rispetto alle attese. E come messo in evidenza da Il Sole 24 Ore, tutto ciò potrebbe divenire un problema assolutamente di primo piano nei prossimi anni.

Ancora per qualche mese, però, alle banche che hanno messo a disposizione la liquidità andrà riconosciuta solamente la (contenuta) quota interessi, motivo per il quale sino a questo momento la manovra governativa non abbia ancora subito intoppo alcuno. Tuttavia, è già noto come molti imprenditori che hanno usufruito del finanziamento (tra i quali molte aziende e attività di ristorazione) non saranno in grado di sopravvivere a questa nuova tornata di restrizioni e di conseguenza non saranno in grado di restituire i propri debiti.

Ma non sono soltanto gli imprenditori a preoccupare: anche le famiglie nell’ultimo hanno hanno aumentato le domande di finanziamento al consumo, incentivati molte volte anche dai bonus promessi dall’erario e dalle agevolazioni dell’ultimo periodo. Tuttavia, il crollo del mercato del lavoro, la cassa integrazione “ridotta” e soprattutto l’incertezza legata al prossimo futuro rischia di creare una situazione analoga a quanto evidenziato per le imprese, accrescendo ulteriormente il peso degli Npl (crediti non performanti) nei bilanci bancari.

Adesso si teme un boom nei licenziamenti

In modo continuativo dallo scorso febbraio e in una modalità che sembra volta più a sedare le acque che non alla programmazione duratura, il governo guidato da Giuseppe Conte ha messo in campo ingenti misure volte a bloccare i licenziamenti da parte delle aziende. In parte garantendo la possibilità di accedere alla cassa integrazione ed in parte grazie a sgravi fiscali, la situazione fino a questo momento è sembrata generalmente tenere. Tuttavia, anche in questo caso la sensazione è che la mossa non possa essere protratta ancora per molto tempo, soprattutto a causa della sua gravosità non soltanto per le aziende stesse ma anche per le casse del Fisco.

Con la dismissione del blocco, però, le preoccupazioni sono legate soprattutto al boom di licenziamenti attesi per il prossimo 2021, quando sarà necessario tornare ad un regime dinormalità. E in questa situazione, però, difficile pensare che il rendimento rimarrà uguale a questo 2020 appena trascorso (sul quale, a regime, sono entrati quasi esclusivamente i contratti a termine non rinnovati e le mancate occupazioni stagionali), aprendo la strada ad una nuova stagione di incertezze nel mondo del lavoro.

Crollo demografico: una “vecchia” conoscenza dell’Italia

Infine, impossibile non soffermarsi sul terzo grande problema dell’economia italiana, nonché unico forse non accresciuto dal passaggio della pandemia: il crollo demografico. La popolazione italiana invecchia anno dopo anno, le nascite sono ai minimi storici ed anche la tanto decantata (dalle sinistre) immigrazione non sembra invertire la tendenza del nostro Paese, dove ormai per ogni cittadino che diviene anziano nasce soltanto un bambino.

Sebbene la longevità sia un traguardo importante della nostra società, impossibile non tenere in considerazione come ciò sul lungo sia destinato a divenire un problema per la previdenza sociale, la quale per forza di cose necessita ed anche nel più breve tempo possibile di una modernizzazione volta a salvare la tenuta del sistema. Soprattutto, se l’obiettivo è quello di continuare a garantire gli adeguati standard economici e sociali alla più larga fetta della popolazione.

Serve una programmazione statale?

I periodi di crisi sono sempre stati visti dai posteri come momenti di forti criticità che hanno però dato alla luce anche importanti opportunità che mai come in questo momento andrebbero colte. Gli errori del nostro vicino passato e le contraddizioni messe alla luce dalla pandemia potrebbero diventare la base fondante anche per lo stesso disegno della nostra società dei prossimi anni. E in questo scenario, dunque, impossibile non notare un ruolo che dovrebbe essere centrale da parte degli stessi apparati esecutivo e legislativo alla guida del nostro Paese, cui spetta il compito proprio di porre le necessarie basi volte a scongiurare una crisi come quella appena passata.

Tuttavia, è indubbio che qualcosa deve cambiare. Negli ultimi mesi e anche negli ultimi anni la tendenza è sempre stata quella di “rincorrere” i problemi, senza lavorare mai in modo veramente attivo nella loro prevenzione. Soluzione questa che poteva essere accettabile quando le problematiche affrontate erano contenute ma che di fronte ad una pandemia come quella generata dal coronavirus si è rivelata drammaticamente fallimentare.

Concludendo, dunque, una volta stabilizzata la situazione sanitaria (con la speranza che il vaccino e le migliorie delle cure mediche facciano il loro corso) una fitta programmazione economica è la chiave di volta per una uscita più celere dalla crisi. Ovviamente, tenendo presente quelle che sono le principali problematiche il nostro Paese dovrà affrontare ed alla quali, adesso, ci sarà da porre rimedio. Tutto questo, almeno, se si vuole evitare che le conseguenze della crisi economica divengano ancora peggiori della crisi economica stessa appena affrontata.

(InsideOver))

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