Come raccontare il territorio, parte 3

214
LE TAPPE DEL VIAGGIO Anguillara / foto Contrasto
LE TAPPE DEL VIAGGIO Anguillara / foto Contrasto
LE TAPPE DEL VIAGGIO
Da Oriolo a Trevignano: la prima tappa, 24 chilometri. Da Trevignano a Campagnano: la più lunga, 28 chilometri. Da Campagnano a Formello: la più breve, una decina di chilometri passando per il Santuario della Madonna del Sorbo. Da Formello a Martignano: una ventina. Da Martignano a Bracciano: una quindicina. Da Bracciano a Pian della Carlotta: una trentina. Da Pian della Carlotta a Torre Flavia passando per Santa Severa: una quindicina. E da Torre Flavia a Cerveteri (Ladispoli è sulla linea ferroviaria Roma-Civitavecchia) con un anello intorno a Cerveteri partendo e arrivando alla necropoli della Banditaccia: un’altra ventina. Poco più di 160 chilometri, con una incerta approssimazione, perché questa prima volta era un’anteprima, un numero zero, dove ci interessava più la sostanza della forma, più i sentimenti delle cifre. Per le cifre esatte e per le indicazioni precise ci sarà tempo, una seconda volta, un ripasso, un perfezionamento.
Torre Flavia / foto Ernesto Emili
Torre Flavia / foto Ernesto Emili
ALLE ORIGINI DEL CAMMINO DEI VULCANI
I principi del nostro Cammino dei vulcani – definirlo nuovo è paradossale – erano chiari: individuare un percorso tra quelli già esistenti e tracciati, c’è anche la Francigena; mantenere le biblioteche come punti di riferimento non solo culturale ma anche orientativo; privilegiare i centri di interesse storico e naturalistico; partire e arrivare in due stazioni ferroviarie (o vicino); invertire la direzione (magari già dal secondo sopralluogo, da Cerveteri a Oriolo) senza pregiudicare il senso e il fascino del Cammino; stabilire un contatto e stringere una collaborazione con le associazioni locali, perché ci sono, e sono tante, e tanto valorose, ma troppo spesso isolate, a volte perfino chiuse, come per proteggersi dalle difficoltà, quelle che minacciano il volontariato. Eppure, volendo, si può fare.
Il tratto da Santa Severa a Torre Flavia, una dozzina di chilometri sulla spiaggia, è gestito nella prima parte archeologica dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale, poi nel poligono di tiro di Furbara dall’Esercito italiano, poi nella Riserva naturale regionale di Macchiatonda dai guardiaparchi, poi nell’aeroporto militare di Furbara dall’Aeronautica militare 17° stormo incursori. L’associazione Ti con Zero è riuscita a guadagnarsi i permessi. La volontà ha trafitto lo scetticismo. E Patrizio Demartis, guardiaparco a Macchiatonda, ha accompagnato i camminatori fuori dall’orario di lavoro: per dire del suo impegno e della sua passione.
La sensazione, immediata e poi confermata tappa dopo tappa, è stata quella della ricchezza e della varietà del territorio. A cominciare dalla natura. Di vulcani, quelli conici stampati nella nostra memoria, resiste solo Rocca Romana. Ma gli altri sono sprofondati, dando vita ad altipiani, come il Lago di Bracciano e la Valle del Baccano. Ma la terra bolle e ribolle, acqua e vento a spegnere e riaccendere un fuoco interiore, come la caldana e le betulle a Manziana. E pur offesa da abusi edilizi, la terra offre squarci di purezza e integrità, come il Lago di Martignano e i sentieri verso Sasso e poi Tolfa, non a caso scelti come allevamenti equini e set cinematografici.
dovunque segni di antiche civiltà – etruschi, falisci, latini – come la via Amerina, che emerge miracolosamente con i suoi lastricati solcati e incisi dalle ruote dei carri. Una sorpresa strabiliante: Roma espansiva e invadente una trentina di chilometri a sud, Cassia e Cassia bis arate da macchine e camion, e lo scempio di discariche abusive.